La Nuova Sardegna

Moby, no al fallimento: ma il futuro preoccupa

Moby, no al fallimento: ma il futuro preoccupa

Il tribunale respinge la richiesta degli hedge found. La compagnia pensa ora di chiedere i danni

10 ottobre 2019
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SASSARI. Per Moby una vittoria, ma che ha un retrogusto amaro. Il tri tribunale fallimentare di Milano ha rigettato l'istanza di fallimento del gruppo presentata da un gruppo di hedge fund. Per i giudici non c’è alcuno stato di insolvenza. Ma nello stesso dispositivo hanno lanciato una sorta di allarme. La possibilità in futuro - tra circa un anno - di una crisi concreta. Il provvedimento sottolinea la «necessità di monitoraggio e di ricorrere a strumenti di superamento di una crisi che in prospettiva ha caratteristiche importanti e che potrebbero divenire molto gravi».

L’azione giudiziaria. Intanto Moby pensa già al contrattacco. «Sta valutando la proposizione di un'azione giudiziaria nei confronti di Sound Point e degli altri fondi speculativi ricorrenti per ottenere il risarcimento dei danni causati dalla loro azione». Come scrive in una nota la società armatoriale. «Il tribunale di Milano ha dichiarato l'infondatezza di quanto sostenuto da alcuni bondholders e ha respinto l'istanza di fallimento».

La prospettiva. Ma le buone notizie per Moby finiscono qua. Perché nello stesso dispositivo i giudici fanno una previsione pessimistica sul futuro del gruppo. I giudici ritengono, come si legge nel decreto, che «allo stato non ci sono manifestazioni esteriori e nell'immediato futuro vi sono molteplici elementi imprenditoriali incerti, per poter ritenere sicuramente la società prospetticamente insolvente a breve», ma evidenziano anche la «necessità di un monitoraggio» e «di ricorrere a strumenti di superamento» di una possibili crisi futura in quanto «i margini operativi nascenti dal core business della società tendono a ridursi costantemente». Infatti si legge nel decreto: «Come ha con chiarezza cristallina osservato la Procura (...) la società, che fa parte di un gruppo con circa 5.800 dipendenti e ne ha di propri superiori alle mille unità, non ha alcuna esposizione tributaria o previdenziale avendo alcuni anni fa vinto un contenzioso tributario di rilievo e ottenuto lo sgravio totale, e non risulta incapace allo stato di fare fronte alle obbligazioni scadute essendo recentemente rientrata nei confronti delle banche, facendo fronte alla rata annuale del prestito contratto nel 2016».

Moby «funziona regolarmente per quello che è la realtà che emerge dalla osservazione, non è oggetto di iniziative esecutive, è in grado di fornire i servizi che vende, non è inadempiente nei confronti dei ricorrenti che hanno un credito che scadrà nel 2023, quindi tra circa 4 anni e hanno sino a ora incassato regolarmente le cedole», come è scritto nel decreto della sezione fallimentare. Moby «nel trattare con le banche ha dimostrato di godere ancora di credito», il collegio osserva che «i margini operativi nascenti dal core business della società tendono a ridursi costantemente e non potendo alzare di più le tariffe» sono stati venduti «alcuni tra i migliori natanti, per contrastare la carenza di liquidità conseguente e far fronte alle rate del prestito bancario del 2016». In tale vicenda i giudici, reputano comunque che «il concetto di insolvenza prospettica» sia una «creazione tutta dottrinale e giurisprudenziale (...) legata a un orizzonte temporale molto contenuto». Inoltre sottolineano che «il concetto di insolvenza prospettica debba essere coniugato (...) con prudenza ma con attenzione priva di infingimenti» in quanto si è davanti a «una realtà imprenditoriale complessa» che coinvolge «migliaia di posti di lavoro; in attesa fra otto mesi di vedere se la convenzione con lo stato Italiano sarà rinnovata, identica, diversa, o non lo sarà per nulla (elemento fondamentale e incerto); in attesa della decisione della commissione Europea che potrebbe condannarla alla restituzione degli affermati aiuti di stato oppure no, e che ha un obbligo di pagamento differito del parziale corrispettivo dell'acquisto di Tirrenia, indeterminato allo stato nell'entità, dipendendo dalla quantificazione della condanna summenzionata».

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