La Nuova Sardegna

Le curde Ruken e Sidar: «Salvate il nostro popolo»

di Michela Cuccu
Le curde Ruken e Sidar: «Salvate il nostro popolo»

Vivono in Sardegna e seguono a distanza il massacro in atto nel loro Paese. Appello a tutte le donne, all’Unione europea e alla Nato: fermate il genocidio 

19 ottobre 2019
4 MINUTI DI LETTURA





CAGLIARI. «Se le donne europee capissero che la rivoluzione curda non riguarda solo il Rojava ma tutto l’universo femminile, probabilmente si ribellerebbero in massa e si batterebbero per fermare l’invasione turca». Sidar e Ruken sono due donne che fanno parte della piccolissima comunità curda che vive in Sardegna. Pur lontane dalla loro terra, vivono con apprensione questi giorni della guerra in Siria e temono per il loro popolo.

Le storie. Sono due donne con storie diverse. Ruken è arrivata in Sardegna 16 anni fa dalla Turchia per poter curare suo figlio talassemico. «Speravamo in un trapianto di midollo che non c’è stato. Ora lui è in cura e io e mio marito abbiamo deciso di continuare a vivere qui», racconta. Sidar, invece, in Sardegna c’è arrivata da poco tempo. È una rifugiata politica. Non si piegò al destino che aveva disegnato per lei la sua famiglia che, tradizionale, la voleva sposata ancora bambina ad un uomo di quarant'anni più vecchio. Aveva 14 anni quando si unì ai partigiani con i quali ha combattuto per ben 12 anni, fino a quando una malattia la costrinse a lasciare la clandestinità. Spiega che per quel suo passato, al suo paese non potrà più ritornare. Per lei, quella democrazia costruita dal suo popolo nel Rojava ha un significato profondo: «Per la prima volta alle donne è stata riconosciuta la parità. Certo, una rivoluzione alla quale il mondo arabo e non solo, non è ancora preparato. Ma il problema non è quello. Erdogan ci vuole annientare e usa i rifugiati siriani come un pretesto per mettere in atto il genocidio del nostro popolo e lo fa usando l’Isis che di certo non vuole l’emancipazione delle donne», dice. Poi aggiunge: «Immaginatevi se un giorno, tutti gli indipendentisti sardi venissero deportati assieme alle loro famiglie e che nelle loro case andassero a vivere altre persone, arrivate da fuori. È questo quello che vuole la Turchia di Erdogan: operare una sostituzione etnica».

Il ruolo delle donne. Le voci femminili sono fondamentali per raccontare la tragedia del Rojava e più in generale, del popolo curdo. «Non è certo casuale che i terroristi islamici abbiano ucciso Hervin Khalaf , la co-segretaria generale del Partito Futuro siriano – dice Ruken – volevano spaventarci, intimidirci ma non ci riusciranno».

La ferita aperta. La lontananza non impedisce ai curdi della diaspora di mantenere contatti con le popolazioni rimaste nei territori. Le due donne riferiscono di bombardamenti continui e di un numero pesante di vittime: «A pagare sono i civili: uomini, donne e bambini cacciati via dalle loro case, giustiziati senza aver colpe: non è possibile che il mondo rimanga impassibile di fronte a tutto questo». Nonostante le notizie terribili che arrivano dal fronte siriano, le due donne riescono a guardare al futuro del loro popolo. Per Sidar che assieme al marito (anche lui rifugiato politico) ha combattuto su più fronti ribelli sulle montagne della Turchia, dell’Irak e della Siria, è solo quello della costituzione di uno stato curdo indipendente: «Non c’è altra strada – dice – il nostro popolo altrimenti continuerà ad essere emarginato. Continueranno a vietarci persino di parlare la nostra lingua e saremo sempre sotto la minaccia del genocidio». Ruken, che invece è rimasta legata al Pkk e ha accolto la svolta autonomista del suo leader Abdullah Öcalan, è convinta che «solo una federazione democratica all’interno degli Stati possa portare alla pace. Non si può vivere continuamente in guerra». Ed aggiunge: «Erdogan sta mettendo in forte pericolo l’intera Turchia: rischia di trascinarla in una guerra perenne come in Siria. Ha sempre manifestato il suo odio verso il popolo curdo e in questi 17 anni, ha continuato a bombardare le nostre montagne».

Gli appelli. Ogni giorno, Sidar e Ruken lanciano appelli sui social per fermare la guerra, convinte dell’importanza delle parole per coinvolgere l’opinione pubblica in una generale richiesta di pace. «L’assurdità di questo conflitto è nel comportamento dell’Unione europea e della Nato che lasciano che la Turchia invada un’altra terra. Nessun popolo può dirsi immune quando a comandare sono l’odio e gli egoismi».

Comune

Sassari, terremoto politico in giunta: fuori l’ex M5S Laura Useri

Le nostre iniziative