La Nuova Sardegna

«La politica mi ha deluso il mare è la mia unica casa»

di Mario Carta
«La politica mi ha deluso il mare è la mia unica casa»

In barca con il figlio e la compagna, il velista ed ex deputato M5s si racconta

20 ottobre 2019
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SASSARI. Un buco nell’acqua no, non proprio, ma di sicuro Andrea Mura – pur abituato ai soli roventi di mezzo pianeta e più –, in quel mondo non suo si era malamente scottato. Due anni di silenzio lenitivo, e torna a parlare. Di come vede la politica dopo l’esperienza alla Camera con i Cinque Stelle e dopo le dimissioni, dell’impegno sociale che prosegue con ritrovato vigore insieme alla voglia di nuove imprese oceaniche, del suo mare da amare e del suo amore: il figlio Lucas Andrea che – insieme alla sua compagna Daniela – ha vissuto i primi 13 mesi felice, più a bordo di “Vento di Sardegna”, a zonzo per i Sette Mari, che sulla terra.

Terra terra, come le acque stagnanti della politica che il velista cagliaritano – ripudiato – ha a sua volta ripudiato. D’altronde di tempeste ne ha affrontate e vinte ben altre, “Le Sard”, sul ciglio del Polo Nord. «Sono sempre stato in silenzio, dall’anno scorso non avevo più il piacere di raccontare e raccontarmi, dopo tutti gli attacchi che ho subito. Sono rimasto in attesa di poter parlare delle imprese che ho in mente e adesso è il momento. Ancora il programma e i progetti non sono definiti, ma ci sto lavorando».

Sorride Andrea Mura, ancorato al largo di Villasimius in una calda giornata dell’estate sarda che insiste imperterrita, il “pozzetto” dell’Open 50 sul quale in solitaria ha vinto sfide epiche come Ostar e Route Du Rhum come il desktop di una scrivania che diventa isola in navigazione, come l’abitacolo della station wagon di famiglia con le foto del figlio e una ditata di marmellata sul cruscotto. Per qualcuno la vita normale è in ufficio, per lui è a bordo e da un po’ non più da solo. E al largo la politica italiana non si sente più, non si vede più. «Dal mare la politica è lontana, lontanissima. Quello è stato il più grosso sbaglio della mia vita – confessa Mura –, mi sono lasciato abbindolare, è stato il mio più grosso errore ma quando me ne sono reso conto mi sono tirato indietro. Avevo accettato la candidatura, mi ero messo in gioco per dare e non certo per prendere e una volta capito l’andazzo me ne sono andato di corsa. Di vittorie ne ho tante nel palmares, sono un recordman anche in questo: il primo a essersi dimesso mentre in tanti, tanti altri sono rimasti. Me ne sono andato perché il progetto per il quale mi ero candidato era cessato e non aveva più senso restare. Ho preferito tornare ai miei valori, al mio mare, a quello che più mi piace fare nella vita. Non me lo aveva ordinato il medico di mettermi a fare politica, quindi...».

Quindi il “Velista dell’anno 2014” ha preso il largo, ritrovandosi nella famiglia. Ed è tornato il sorriso. «Lucas Andrea – racconta – è nato il 12 settembre in ospedale a Monserrato e dopo 10 giorni era già a bordo –. Subito dopo la nascita io e Daniela abbiamo firmato la liberatoria per poterlo prelevare e fargli il passaporto, intestato a Lucas Andrea Mura Faranna. Abbiamo ritenuto giusto dargli entrambi i cognomi. In questura sono stati molto disponibili, il 15 il documento elettronico era pronto e una settimana dopo rotta per Gibilterra navigando a tappe con destinazione Saint Malo, in Francia».

Attenzione, bimbo a bordo. E che bimbo. «È un pesciolino – dice orgoglioso Andrea –, adesso ha 13 mesi e ha vissuto più in mare che a terra. Quale futuro possa avere non lo so, per ora è certo che il suo parco giochi è il pozzetto, sono i verricelli e le cime e tutto quel che c’è in barca. I giocattoli dei negozi non gli interessano, preferisce nuotare. L’anno scorso abbiamo trascorso l’inverno ai Caraibi e lui ha avuto modo di conoscere tanta gente e di nuotare. È già un pesciolino».

Un avannotto in un mare da navigare, da conoscere e da salvare. Andrea Mura lo sa, e conferma che quello della plastica è un problema, ma non il problema. «Plastica ce n’è tanta, è vero – spiega –, tutti ne parlano e l’argomento è diventato un po’ moda e un po’ business. Per carità, va benissimo che se ne prenda coscienza, la moda talvolta coincide con l’utilità però è altrettanto vero che la plastica inquina leggermente sotto la superficie mentre quello di cui non si parla per niente è l’inquinamento superficiale, quello degli oli delle cisterne delle navi lavate al largo. Prevalentemente inquinano il Mediterraneo. Un tempo scandalizzava la mucillagine nell’Adriatico ma dovreste vedere cosa vuol dire navigare per ore in un mare di immense schifose chiazze di schiuma e olio giallastro sulle coste della Galizia e del Portogallo, o alle Baleari. Aree enormi che ho filmato e fotografato. Il fenomeno passa sottotraccia in Sardegna grazie al vento e alle correnti, ma altrove è pazzesco». L’impegno “politico” prosegue, dunque, insieme a quello agonistico. L’Ostar l’ultima vittoria, la Rotta del Rum il primo ritiro oceanico. Poi il tentativo di crescere con l’Imoca 60 e il giro del mondo in solitario, fallito perché «mancavano all'appello un po' di soldi – si rammarica il cagliaritano –. L’ha comprata un olandese che ci ha fatto il giro del mondo 4 anni fa e poi l’ha rivenduta a un giornalista francese, un appassionato».

Ma il problema resta, ed è quello degli sponsor «che non riesce a trovare chi vuole realmente fare promozione e attività, mentre nel calcio abbondano e non sempre in maniera trasparente». I milioni però non mancano nella Coppa America e a Luna Rossa, adesso orgoglio di Cagliari. «Ma quelli sono soldi del patron, soldi suoi. Certo, per Cagliari è una bella cosa, vanno ringraziati e spero che un po’ di merito sia anche mio e delle mie imprese, che hanno fatto scoprire ai più questo mare e questo vento. Prima qui non veniva nessuno, adesso ci sono tutti i team. Io? La Coppa America l’ho fatta sul Moro, con risultati grandiosi: siamo stati gli unici italiani a vincere una regata di America’ Cup oltre alla Vuitton e al Mondiale, che non si fa più. Che peccato, c’era tutta la flotta. Sono contento per Cagliari, che ha risultati in termini di immagine e di soldi. Io nonostante la mia grande esperienza evidentemente non vengo ritenuto interessante dal Team Prada. Adesso la Coppa America è molto più veloce, agonistica, muscolare e tecnologica. È andata avanti ma penso che l’esperienza non abbia comunque prezzo, nella vela l’età lascia il tempo che trova se resti in salute e in forma. Tutto sta nel mantenersi giovani» e Andrea Mura resta giovane, nel suo mare. «Va tutto bene – conclude strizzando l’occhio dal largo –. Anche la mia veleria, che l’anno prossimo compie 35 anni. Ha superato tutte le guerre possibili ed è sopravvissuta». Sempre a galla, alla ricerca del vento migliore che ora lo porterà... «a continuare a navigare in Oceano fin che posso. Devo trovare un po’ di risorse, poi riprenderò a girare per il mondo portando alta la bandiera della mia Sardegna. È sempre stato il mio sogno, e continuerà a esserlo sempre».

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