La Nuova Sardegna

L’intervista

La ricetta di Lady Turismo: «Flussi di visitatori selezionati e servizi per far brillare la Sardegna»

di Giovanni Medici e Claudio Zoccheddu
La ricetta di Lady Turismo: «Flussi di visitatori selezionati e servizi per far brillare la Sardegna»

Dina Ravera, presidente di Destination Italia, punta sull’isola

27 aprile 2024
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Sassari Dina Ravera, alla guida di Destination Italia, società di travel incoming quotata in borsa, dopo essere stata definita lady Telco per quanto fatto nel settore delle telecomunicazioni negli anni Duemila, ora interpreta il ruolo di Lady Turismo. Il suo punto di vista è molto importante per capire come questo settore rappresenta e rappresenterà un asset fondamentale per l’Italia e per la Sardegna. Origini cuneesi, Ravera ha spiegato il suo punto di vista sulla strategia nazionale, sui temi del turismo post pandemia e, soprattutto, sulla Sardegna.

Cosa significa essere Lady Turismo per lei?
«Mi sento al servizio del Paese e credo che per raggiungere risultati importanti si debbano abbandonare i campanilismi, le divisioni e lavorare assieme, non uno contro l’altro. Prendiamo esempio dalla Francia che è avanti decenni, ma anche dalla Spagna. Ho scoperto che molti turisti cinesi non riescono ad arrivare in Italia per un problema di visti. Sbarcano in Francia, dove ci sono meno problemi e questo è un tema che sia il ministro Tajani che la ministra Santanchè hanno promesso di prendersi a cuore. Dall’Asia sarebbero naturalmente interessati, non conoscendo il nostro paese, a visitare tante località fuori dai soliti percorsi».

Dopo anni difficili, oggi si può parlare del turismo come di un settore in crescita?
«La ripresa post pandemia c’è stata, grazie soprattutto al turismo straniero, mentre gli italiani a causa della crisi economica faticano a tornare a spendere come prima del 2020, tagliano sulla durata delle vacanze e cercano location a prezzo più basso. Dall’estero invece i flussi sono sempre più importanti, soprattutto dagli Usa, ma anche la Cina mostra segni di ripresa, mentre i turisti russi sono diminuiti a causa anche del conflitto».

Come migliorare i risultati già buoni che ha fatto segnare il 2023?
«È necessario imparare da chi ha promosso le best practices per valorizzare il nostro territorio. Come il Trentino Alto-Adige, che da decenni grazie a investimenti in comunicazione, promozione, formazione del personale e aumento della qualità dei servizi è diventato un esempio da seguire nonostante non abbia il mare. Sono focalizzati sul turismo e hanno agito di conseguenza, ottenendo grandi risultati. Il Sud, che pure per tanto tempo non si è fatto notare nella valorizzazione delle proprie ricchezze, invece ora dal punto di vista della comunicazione si è dato da fare, grazie a tanti film e fiction. Penso alla Puglia e alla Sicilia soprattutto. E queste regioni si stanno facendo conoscere anche all’estero».

Il turismo è senza dubbio anche un traino per l’economia…
«Per utilizzare questo settore per la crescita di un territorio, non solo economica, le Regioni devono considerare che l’arrivo di visitatori altospendenti (che hanno disponibilità di spesa elevate, ndr) sostiene tutta l’economia, non solo quella turistica. In tante regioni però manca il personale adeguato e si dovrebbe investire sulla formazione. Inoltre il territorio va tutelato, non si può far finta che il fenomeno del turismo di massa sregolato non ci sia e non porti disagi ai residenti. Vanno definiti numeri e regole certe per chi arriva. Le alternative praticabili ci sono, ad esempio gli affitti calmierati per chi lavora nel settore turistico nei centri più frequentati e che non potrebbe pagare prezzi degli affitti in certe località, che invece vanno mantenuti alti per i turisti che possono permetterselo. Ricordiamoci che fare arrivare visitatori da fuori e lasciarli in fila per ore per vedere un museo o sbarcarli in luoghi troppo affollati rende negativa la loro permanenza e questa è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno».

A questo proposito cosa pensa del ticket d’ingresso a Venezia?
«Ritengo che sia corretto. Anche perché è molto contenuto e non riguarda chi risiede nell’intero Veneto, o lavora nel comune o è parente di chi risiede. Salvaguarda una bellezza unica e da difendere in ogni modo qual è Venezia».

L’Emilia-Romagna è un esempio, come si pone nello scenario nazionale?
«Quanto avvenuto negli ultimi anni in Emilia-Romagna vale anche per altre regioni italiane. Dopo la pandemia le persone vogliono stare all’aria aperta, in luoghi non troppo affollati. Ecco spiegato l’aumento delle visite nelle località collinari, la crescita del turismo enogastronomico, ma anche quello del golf, dei cammini. Tra i pacchetti personalizzati che proponiamo come Destination Italia ce ne sono anche alcuni dedicati ai motori e all’estero sono molto interessati ad esempio alla Motor Valley, non solo americani e asiatici. Abbiamo già aperto una sede in usa e presto lo faremo anche in Cina e Giappone. Il mondo arabo è poi molto interessato alle nostre bellezze».

Parlando di Sardegna, tra grandi flussi e turismo d’elite, qual è secondo lei il modello migliore per l’isola?
«Certamente il turismo altospendente e mi riferisco soprattutto agli stranieri. Intendiamoci, noi italiani abbiamo il diritto di vistare il nostro Paese in ogni suo angolo ma guardando oltre confine si parla di miliardi di potenziali visitatori e in questo caso dobbiamo attirare il turismo che porta valore al nostro territorio e alla nostra economia. In questo modo è più facile anche rispettare il territorio, che poi è fondamentale per un’isola che conta molto sull’ambiente e che è riuscita ad evitare, in gran parte del territorio, il sovraffollamento e le costruzioni non adeguate al territorio. Ecco, non bisogna rovinare questa ricchezza. La vostra isola è un diamante grezzo da aprire al turismo rispettoso».

​​​​​​Una strada potrebbe essere la famosa destagionalizzazione. Lei pensa che sia possibile fare turismo tutto l’anno?
«È possibile, a patto che ci sia una guida del territorio che aiuti a raggiungere un obiettivo che non può prescindere da un adeguato sistema di trasporti. La Sardegna è incantevole dodici mesi all’anno ed è straordinaria per tanti stranieri che vivono inverni rigidissimi e sognano di svernare in questa isola. Che la domanda ci sia, insomma, è sicuro, ma i trasporti sono un limite che non permette lo sviluppo e dovrebbero essere gestiti da chi ha davvero a cuore il futuro della Sardegna. E poi è assolutamente necessario ripristinare una rete ferroviaria all’altezza delle necessità della popolazione e anche dei turisti che non deve essere obbligato ad usare l’auto».

Destination Italia ha acquisito “Portale Sardegna”, è stato un buon affare?
«Assolutamente, Portale Sardegna ci ha dato tantissimo. D'altra parte la Sardegna è stata innovativa in tanti settori, a partire dalle telecomunicazioni. “Portale Sardegna” dimostra che lo è stata anche nel turismo e da questa esperienza ne ha tratto giovamento l’intera industria italiana del turismo. Con Portale Sardegna abbiamo rilevato una visione stupenda, in grado di valorizzare i singoli territori dividendoli in 20 ambiti, ognuno con un suo responsabile in grado di trasformare in esperienze la tipicità del territorio. Pensi che ora noi stiamo portando questo sistema nel resto d’Italia. Ma non solo, Portale Sardegna ha investito in una piattaforma proprietaria della gestione dei flussi turistici, un punto di vista tecnologicamente avanzatissimo che oggi è diventata la base dello sviluppo dell’intero gruppo. Dunque sì, Portale Sardegna è stato un affare».

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