La Nuova Sardegna

Il progetto

Surftherapy, un mare di benessere per il Parkinson e l’autismo

di Luigi Soriga
Surftherapy, un mare di benessere per il Parkinson e l’autismo

Stare sulla tavola produce dopamina e spinge a superare i propri limiti

27 aprile 2024
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Sassari «Presente un “Mercoledì da Leoni”? Dentro il pulmino, con i vetri oscurati, rotta verso Porto Ferro, andavamo ad affrontare il mare. Peccato che la maggior parte di noi a stento riuscissero a camminare. Pensate cosa vuol dire per questa combriccola di parkinsoniani matti, e per me che ho 58 anni, il più giovane di tutti, salire su una tavola da surf e cavalcare un’onda».

Per Antonello Soro, sassarese, come per gli altri quaranta partecipanti al progetto Parkinson surftherapy, significa superare i propri limiti, rimettersi in gioco, divertirsi, sentirsi vivi, non tremare davanti alle sfide, e fare scorpacciate dopamina. Marco Pistidda, 42 anni, fondatore e istruttore della Bonga Surf School, per un anno è stato la mano alla quale aggrapparsi, il centro di gravità in quell’universo liquido fatto di onde.

«All’inizio mi guardavano come bambini, da una parte curiosi, dall’altra intimoriti – racconta Pistidda – gli si leggevano i pensieri sulla fronte». Della serie: io, che quasi non mi reggo in piedi, dovrei salire su quella roba lì?

«Ma il surf è quanto di più terapeutico possa esistere, e te ne accorgi solo quando lo sperimenti. Ti connette a un ambiente che non è il tuo, fluido, in continuo movimento, che devi imparare a leggere e gestire».

L’apoteosi dell’equilibrio, scivolare in piedi su pochi centimetri quadrati, sopra una piccola scala mobile d’acqua. Figurarsi per chi è sempre in riserva fissa di equilibrio, stabilità, coordinazione, e affronta il mare con la spia rossa dell’insicurezza accesa. «Sapete la cosa incredibile, che a pensarci mi emoziona ancora? - racconta Marco Pistidda – per un’ora si staccavano dalla loro malattia. Il Parkinson è come se lo avessero dimenticato altrove. Pensavano a tutt’altro, al bel momento che stavano vivendo. Superavano i timori, i blocchi, alla fine sono riusciti a fare delle cose che mai avrebbero immaginato».

Per questo il progetto Parkinson è solo la prima puntata della surf-therapy. I prossimi allievi saranno i bambini con disturbo dello spettro autistico. Infatti la Bong School sarà la rappresentanza italiana nel progetto europeo SurfFedAut, per il quale sono coinvolti altri quattro paesi europei, ovvero Spagna, Portogallo, Francia e Olanda. «Sarà un’altra bella avventura – dice Pistidda – e sono convinto che per i bambini sarà un’esperienza positiva e indimenticabile».

Per l’allegra comitiva dei “parkinsoniani”, così come ama definirsi, d’altronde è stato un salto indietro nel tempo, un po’ ritornare bambini. «Mi sono sentita serena – dice Angela Mulas, sassarese, 62 anni, farmacista – eravamo un gruppo bellissimo, tra noi anche un novantenne, una banda di sconsiderati che si prendeva in giro. Ma allo stesso tempo tutti solidali, perché consapevoli di stare sulla stessa barca, e con la voglia di sfidare se stessi, e superare i limiti». Le brillano gli occhi: «Gli istruttori della Bonga sono stati eccezionali, di grande empatia, con una sensibilità rara. E come loro i medici e gli studenti, che ci sono sempre stati accanto».

«Ci hanno attaccato i sensori, ci misuravano ogni battito, mi ha ricordato il film di Benigni “Il Mostro”. Mai pensato che fare da cavia, potesse essere così divertente. Ogni volta che entravamo in acqua, per noi era come attaccare il caricabatterie, e fare un pieno di dopamina. Che poi è il neurotrasmettitore che nel parkinson si inceppa. Quindi la sensazione è di assoluto benessere, come assumere un farmaco naturale». Se il progetto dovesse essere rifinanziato, tutti e 40 farebbero a gara per rivivere quelle sensazioni. In equilibrio sempre precario sulla tavola e sulla vita, ma con la voglia di cavalcarla col sorriso fino all’ultimo.

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