La Nuova Sardegna

Emergenza

La morsa della siccità nell’isola: case senza acqua in piena estate

di Claudio Zoccheddu
La morsa della siccità nell’isola: case senza acqua in piena estate

Ambrogio Guiso: «Una catastrofe. Serve la Protezione civile». Gavino Zirattu: «Basta con le scuse, la colpa è della Regione»

08 maggio 2024
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Sassari Le possibilità per il futuro prossimo sono due. La prima. Piove molto (ipotesi remota): l’emergenza idrica rientra e la stagione è salva, quella agricola e quella turistica. La seconda, più probabile. Non piove o piove poco: gli agricoltori e gli allevatori dovranno arrangiarsi in qualche modo per sopravvivere, ma dovranno arrangiarsi anche le località turistiche perché i primi ad essere sacrificati sull’altare della siccità saranno i campi e gli allevamenti. Poi, nella lista d’attesa dei tagli ci sono i turisti.

Allarme rosso L’esempio plastico arriva dal distretto idrico che serve Budoni, San Teodoro, Siniscola, Posada e Torpè, che ha un enorme peso specifico nel turismo isolano: «Con queste risorse, se tutto va bene e mettendo in conto le limitazioni già imposte, arriveremo al massimo al 20 agosto, poi l’acqua finirà anche nelle case e dovremo portarla in qualche modo», dice Ambrogio Guiso, presidente del Consorzio di Bonifica della Sardegna centrale. La siccità, dunque, oltre a “bruciare” i campi, cosa ormai sicura nel distretto idrico indicato come esempio, cancellerà anche una buona parte della stagione turistica di alcune delle località turistiche più conosciute, e frequentate, dell’isola. Un danno enorme, sia che si parli di turismo sia che si parli di agricoltura. Ma forse anche peggio: «Come faremo? Parliamo di una catastrofe e non vedo altre possibilità se non quella offerta dalla legge 24». Ovvero, quella che istituisce “il Servizio nazionale della Protezione civile al fine di tutelare la integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi”. Un’esagerazione? «Io non credo, siamo già in contatto con la Protezione civile e con l’Ente foreste».

Le proteste La situazione più critica è quella della Baronia ma ci sono altri sistemi idrici che vivono la crisi dettata dalla siccità. Il Sulcis è uno di questi ma nell’elenco c’è anche la Nurra. «Non tutta però – spiega il presidente del Consorzio di bonifica locale, Gavino Zirattu –. Per la gran parte del territorio, quella alimentata dal bacino del Temo, sarà una stagione quasi normale, mentre per la Valle dei giunchi (compresa nei territorio di Ittiri, Ossi, Usini e Florinas, ndr), che è alimentata dal bacino del Bidighinzu, non ci sarà acqua per i campi. Cioè, c’è ancora un po’ di tempo per l’irrigazione dei carciofi, almeno fino i primi giorni di giugno. Ad ogni modo, fino a ieri la strada sembrava quella. Ora vediamo cosa succederà». Saranno circa 25 le aziende a secco nella Nurra, la gran parte impegnate proprio nella coltivazione dei carciofi. Ma in futuro la situazione potrebbe peggiorare: «I cambiamenti climatici impongono un impegno serio, che deve raccogliere chi ha competenze e chi sia in grado di stabilire le criticità. E piano piano si deve intervenire perché servono opera strategiche». Il problema è che sembra che qualcuno abbia travisato il concetto di “piano piano”: «Le responsabilità sono tutte della Regione – continua Zirattu – che negli ultimi 18 anni, parlo quindi di governi di centrodestra e di centrosinistra, è stata in grado di gestire solo l’ordinario». Poi, Zirattu entra nel dettaglio: «Per la gestione delle acque reflue, nel 2015 i consorzi hanno sborsato 12 milioni di euro per realizzare opere che sono state collaudate ma che non sono mai state utilizzate. Eppure, garantirebbero 15 milioni di metri cubi d’acqua all’anno. Sempre nella Nurra è stata realizzata una condotta per l'interconnessione con il Coghinas ma non si può utilizzare perché stanno rifacendo solo adesso, con i fondi del Pnrr, gli acquedotti Coghinas 1 e 2». L’elenco delle incompiute prosegue: «Dell’intervento sulla diga del Lerno per aumentare il volume invasabile è in fase di progettazione da 16 anni – aggiunge Zirattu –. Abbiamo realizzato un progetto di massima per la costruzione di un’altra diga, tra Pozzomaggiore e Suni, che sarebbe capace di contenere 42 milioni di metri cubi d’acqua e che completerebbe lo schema idrico di tutto il nord-ovest. Il progetto non è stato nemmeno considerato, nemmeno sapendo che c’è già una condotta che arriva ad un chilometro di distanza da dove dovrebbe nascere la diga. E poi, la stazione di sollevamento del Tirso sarebbe dovuta essere attiva da dicembre e pompando 2 metri cubi d’acqua al secondo avrebbe salvato i campi del Medio Campidano. Invece si è preferito far finire l’acqua in mare».

Sos Baronia Anche per la diga di Maccheronis non si contano le questioni in sospeso: «Per la diga di Abbalughente, mai realizzata, abbiamo un progetto definitivo pagato 2 miliardi di lire, approvato nel 2010, per le realizzazione di un invaso da 100milioni di metri cubi. È tutto pronto ma non si fa nulla perché la diga è dentro un parco e alcuni sindaci sono contrari. Adesso non resta che aspettare il 20 agosto, quando non avremo più un goccio d’acqua. A quel punto sarò curioso di sapere se a quei sindaci interessano di più la gallina prataiola e il pollo sultano o la tutela della vita umana».

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