La Nuova Sardegna

Sassari

«Il paesaggio sciolto nei miei occhi»

di Salvatore Ligios
«Il paesaggio sciolto nei miei occhi»

L’impatto del rapimento della sorella Rossella nel racconto dell’artista. Luci, ombre e la poesia - FOTO

06 aprile 2013
4 MINUTI DI LETTURA





La prima impressione è una visione crepuscolare.

A dire il vero non si tratta proprio del crepuscolo né dell'aurora. La luce rasente che talvolta si ritrova in questo progetto aiuta a scontornare un dettaglio - il fatidico punctum di Roland Barthes - che altrimenti, nella pienezza del giorno, si confonderebbe con il resto che lo attornia e quindi prevaricherebbe. Talvolta è proprio la luce ad essere puntcum.

Ti sei ispirato a qualcosa in particolare?

L'ispirazione non l'ho cercata: si è sedimentata col tempo (e le letture) per schiudersi una volta fuori, percorrendo il dorso del paesaggio. Avevo già da molti anni una mia atmosfera generale di luci rasenti, ombre e penombre, di chiaroscuri e di controluce che hanno scoperto nuovi orizzonti in Sardegna.

Prova a raccontarmi che esperienza hai fatto.

In limine parte da un punto biografico ben preciso, di cui parlo in questa sede perché ha avuto (ed ha tuttora) un impatto notevole sul mio lavoro. Come ben sai, tra l'ottobre del 2011 e il luglio del 2012 mia sorella è stata ostaggio di un gruppo di terroristi nel Nord del Mali. Il giorno dopo che ho appreso la notizia, mi hanno chiamato dal Nord della Francia dove ero risultato vincitore di una residenza di artista di quattro mesi e mezzo nelle Fiandre francesi, a partire dal gennaio seguente. Quando sono arrivato lassù, in quella pianura quasi interamente puntellata di casette e fabbriche, ho provato a cercare un rifugio (anche se fotografico) nel paesaggio. Ma col passare delle settimane mi sono reso conto che non riuscivo più a cogliere quel territorio. I miei occhi parevano sciogliere quelle casette di mattoncini rossi, sembravano fondere le ciminiere delle fabbriche, divellere uno ad uno i pavés delle strade e spegnere ogni luce, sedare ogni animo. Il fuori, in quel momento, restava fuori dalla mia portata. Un passo di Andrea Zanzotto, tratto da “Elegia e altri versi” che stavo leggendo in quel periodo, è più che mai in sintonia con la rottura che sperimentai in quel periodo:

Finito il desiderio, chiuso il suono dei fiumi e della vita, sopita la fede oscura ch'ebbi in tutta l'apertura del mondo in tutti i nodi avventurosi d'alberi crete e venti.

Durante questa lunga parentesi durata sino al settembre del 2012, nonostante tutti i tentativi, non riuscivo più a fotografare, ad esprimermi attraverso la fotografia. Riuscivo a trovare un po' di pace solamente ascoltando musica (classica ed elettronica ma sempre senza testi), leggendo o scrivendo poesie. Poi, all'inizio settembre, quando mi hai proposto di lavorare sul paesaggio sardo mi è sembrata un'occasione ideale e propizia per riprendere il discorso che avevo abbandonato. Forse anche per questi motivi le fotografie potrebbero sembrare scure. Ma a guardarle attentamente, c'è sempre una frattura di luce, una resistenza luminosa nella penombra. Si tratta di una "luce-souvenir" o "luce-premonitrice", di uno spasmo o di un colpo di reni.

Partire, ritornare.

Da quando ho lasciato la Sardegna sapevo di intraprendere un viaggio di sola andata, anche se ritorno spesso. In questo frangente, ritornarci per confrontarmi con il paesaggio sardo è stato molto stimolante e curioso. Ci sono posti che ho sempre portato dentro, panorami interiori che non smettono mai di costruirmi. Percorrere o il paesaggio della mia infanzia sino ai diciott'anni, è stato un po’ come percorrere il passato che ancora vive in questo presente ed il futuro che già s'insinua. Il paesaggio è a me talmente addentro che è difficile che il fascio di luce diurna lo riveli nella sua pienezza. In limine vuole essere una sorta di simbiosi, di sintonia, di identità quasi, fra me ed il tempo, sia esso luce od ombra, sia esso tripartito od uno e trino, e fra me ed il paesaggio. Ci sono talmente tante narrazioni sul paesaggio della Sardegna, talmente tante immagini pittoresche viventi in ognuno di noi che sin da subito ho escluso la bellezza "comune" - romantica, per intenderci - quale cometa per il mio percorso. Così mi sono concentrato sulle zone di transizione tra la fine di un centro abitato e l'inizio della natura che crediamo più incontaminata.

Questo mi ha permesso di esplorare in lungo ed in largo una parte della Sardegna poco frequentata (e poco fotografata, credo). Allo stato attuale, In limine non è che il primo capitolo della lunga serie che ho in mente. Mi piacerebbe infatti continuare l'esplorazione per un periodo più lungo, spalmato su più anni. Solo così riuscirei ad avere la distanza e la lucidità necessarie per interrogare in profondità il paesaggio.

Convivere tra esplorazione e nostalgia.

Posso dire che durante le sei settimane che ho passato a girovagare per la Sardegna ho cercato di esplorare la nostalgia. Una nostalgia che non affonda le radici solamente in un passato remoto (e forse idealizzato), ma lo scavalca, per situarsi in un luogo atemporale ancorché costituito di elementi reali. Durante l'esplorazione, la nostalgia si tingeva di amarezza per ciò che non è mai esistito davvero, e che invece avrebbe dovuto.

Che rapporto hai con la poesia? Ci sono autori che prediligi? Cos'ami leggere?

Penso che la fotografia sia una particolare forma di poesia. C'è un idem sentire alle radici di entrambe, la stessa pervicace volontà di interrogare in profondità noi stessi e il mondo che ci circonda.

Rispetto al progetto in questione è stata illuminante la lettura di due poeti in particolare: Andrea Zanzotto con le sue prime raccolte e soprattutto Philippe Jaccottet. Entrambi in modi diversi, hanno riconosciuto il canto del paesaggio.

In Primo Piano
I soccorsi

Olbia, si schianta con il suv contro tre auto parcheggiate

Le nostre iniziative