La Nuova Sardegna

Sassari

Autismo, la disperazione di una madre: scuola inadeguata

di Nadia Cossu
Autismo, la disperazione di una madre: scuola inadeguata

Sassari, lo sfogo della donna: «Dicono che mio figlio non può fare il tempo pieno perché mancano le risorse. Sarà sempre più isolato»

29 novembre 2015
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SASSARI. Le paure e le preoccupazioni di una madre per il futuro del proprio figlio sono racchiusi nelle parole che pronuncia alla fine dell’ennesima difficile giornata: «I quaderni di mio figlio sono vuoti da due mesi. Passa tanto tempo in un’aula insieme alla supplente dell’insegnante di sostegno. Ma lui ha il diritto di rimanere in classe insieme agli altri, l’autismo non è una malattia contagiosa».

Lo sfogo di questa donna è sacrosanto, quel bambino così “problematico” per la scuola primaria di San Giuseppe, per la sua mamma è invece un figlio che ha diritto a frequentare la scuola a tempo pieno come tutti gli altri ed è anche un figlio che «fino allo scorso giugno aveva la media del nove in tutte le materie e lavorava moltissimo in classe con tutti gli altri compagni. Aveva un’insegnante che aveva trovato il giusto feeling con lui, che sapeva affrontarlo e gestirlo». Il piccolo, che frequenta la terza elementare, è affetto da “disturbo dello spettro autistico senza compromissione cognitiva”. «Gli piace andare a scuola e imparare, è bravissimo».

Ma da un po’ di tempo qualcosa non va, a settembre l’insegnante a cui era tanto legato è andata in pensione e sono cominciati i problemi: «Hanno iniziato a chiamarmi da scuola con sempre maggiore frequenza, dicevano che il bambino si comportava male, non riuscivano a gestire il suo disagio. Lo hanno trasferito in un’aula isolata, nei giorni scorsi ho assistito a una scena penosa: un compagnetto è andato a trovarlo, non so cosa mi abbia trattenuto dallo scoppiare a piangere, sembrava un detenuto che riceveva una visita. Consiste in questo l’operatività del Glho (gruppo di lavoro handicap operativo ndc) all’interno della scuola? Isoliamo il bambino fin quando c’è l’insegnante di sostegno, dopodiché la mamma lo viene a prendere. Dicono di garantire la frequenza fino alle 14 perché dalle 14.01 alle 16.30 “non possiamo assicurare l’incolumità del bambino e dei compagni”» .

Da una parte ci sono le ansie di una mamma che vorrebbe venisse garantita la giusta assistenza al proprio figlio, dall’altra una scuola che deve fare i conti con le scarse risorse a disposizione. E questo sarebbe emerso proprio dall’ultimo incontro del gruppo di lavoro handicap operativo che si è tenuto nel secondo circolo San Giuseppe con l’obiettivo di concordare un piano di lavoro adatto al bambino. Riunione alla quale, oltre ai genitori dell’alunno, erano presenti una neuropsichiatra infantile, un’assistente sociale, la responsabile per l’assistenza specialistica del Comune, un’educatrice, una pedagogista e il responsabile dell’Ufficio sostegno alla persona dell’ufficio scolastico provinciale, oltre naturalmente al dirigente e alle insegnanti. Gli operatori scolastici parlano di un «bambino incontrollabile nei suoi eccessi di violenza fisica e verbale», descrivono un alunno «aggressivo» e dicono anche che la scuola sta cercando in tutti i modi di aiutarlo, tanto che è stata predisposta una bozza di piano educativo individualizzato nel quale sono elencati obiettivi a lungo termine. Allo stesso tempo però emerge l’impossibilità di garantire un sostegno completo e adeguato a tempo pieno: non ci sono risorse umane per garantire la frequenza dell’alunno per 40 ore settimanali e nemmeno il Comune è in grado di fornire assistenza specialistica per consentire la frequenza di pomeriggio. E a quanto pare anche la neuropsichiatra infantile avrebbe suggerito la frequenza scolastica solo di mattina.

Ma le considerazioni della madre sono diverse: «Si parla di mio figlio come se non si conoscesse la sua patologia. Eppure a scuola da un anno sono in possesso di tutta la documentazione che certifica la patologia del bambino. Non è vero che picchia tutti i compagni, si scontra spesso con tre nuovi arrivati. E questa è una difficoltà tipica dei bambini autistici. Spettava alle insegnanti casomai lavorare all’inserimento dei nuovi compagni nel gruppo classe. La verità è che se litigano due bambini non c’è problema, ma se uno dei due è mio figlio, il problema c’è. Lui ha sempre dato una giustificazione plausibile alle sue reazioni, ma secondo quanto raccontano le insegnanti “picchia senza motivo”. Mio figlio non è cambiato, sono cambiate tante situazioni intorno a lui. È per questo che ho deciso di contattare uno studio pedagogico che attuerà un piano d’intervento per il corretto reinserimento scolastico del bambino e supporterà le maestre per suggerire i giusti approcci e le strategie utili al raggiungimento di una serena vita scolastica, non solo sue ma dell’intera classe». Il tutto, a sue spese.

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