La Nuova Sardegna

Sassari

«Pizzinni pizzoni», il progetto approda a Quito in Ecuador

di Antonio Meloni
«Pizzinni pizzoni», il progetto approda a Quito in Ecuador

Sarà esaminato alla conferenza Habitat delle Nazioni Unite Il lavoro è tra i 60 casi mondiali di riqualificazione urbana

03 dicembre 2015
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SASSARI. Alla conferenza delle Nazioni Unite, Habitat III, in programma il prossimo autunno a Quito, in Ecuador, si parlerà sassarese. Il progetto del Fronte di liberazione dei Pizzinni Pizzoni è stato infatti inserito tra i 60 casi di studio che saranno esaminati in quella sede da esperti mondiali di riqualificazione urbana. La notizia è stata data ieri, nell’ex Infermeria di San Pietro, durante la presentazione del volume Global Toolkit, incentrato sull’uso dello spazio pubblico, curato e realizzato da Pietro Garau, architetto e pianificatore alla Sapienza di Roma.

L’idea di un Fronte di liberazione dei Pizzinni Pizzoni è venuta quattro anni fa a un gruppo di urbaniste fondatrici dell’associazione Tamalacà (acronimo che sta per Tuttamialacittà) con l’intento di ragionare attorno un problema di viva attualità legato alla riqualificazione di spazi urbani all’interno di aree ritenute marginali nella città di Sassari.

Nell’ambito di questo programma, nato dalla collaborazione fra il dipartimento di Architettura di Alghero e il settore Pubblica istruzione del Comune di Sassari, le specialiste di Tamalacà hanno rivolto l’attenzione al quartiere di San Donato, cuore del centro storico, ma zona considerata marginale e quindi riqualificabile secondo il criterio che sta al centro dello studio realizzato da Pietro Garau. «Partendo dall’idea di ridare agli abitanti del quartiere spazi un tempo occupati dalle macchine – spiega Valentina Talu, urbanista di Tamalacà – abbiamo coinvolto studenti e insegnanti della scuola di San Donato che hanno partecipato a una serie di iniziative promosse nel quartiere tra il 2011 e il giugno di quest’anno».

Si tratta in sostanza di un processo di partecipazione dal basso che chiama direttamente gli abitanti, in questo caso i bambini, i pizzinni pizzoni appunto, a proporre soluzioni da adottare per trasformare e riqualificare spazi pubblici con l’utilizzo di strumenti mirati. Studio, si diceva, confluito all’interno del volume Global public space toolkit che, per dirla con le parole dell’autore Pietro Garau, vuole essere una sorta di prontuario di buone pratiche, rivolto agli amministratori pubblici, da adottare nel momento della programmazione di interventi legati alla riqualificazione delle periferie urbane o comunque di aree marginali.

«Idea maturata a Napoli nel 2012 – racconta Garau – durante il Foro urbano mondiale che quell’anno ha riunito i maggiori esperti di urbanistica del pianeta e dal quale è nata la proposta di affidare all’Istituto nazionale di urbanistica la redazione di una carta dello spazio pubblico».

Incontro prolifico, da cui è scaturita la necessità di rimodulare, forse per la prima volta, il concetto di spazio pubblico di cui l’autore, ieri, a margine dell’incontro, ha proposto una definizione: «Nelle nostre città sempre più ridotte a merce – dice Garau – lo spazio pubblico è l’unica possibilità rimasta per far fronte ai tanti effetti della disuguaglianza sociale, perciò un intervento corretto può migliorare la qualità della vita a coloro che vivono ai margini della scena urbana». L’incontro di ieri, presieduto dall’architetto Arnaldo Cecchini (Dipartimento di Architettura di Alghero), ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Patrizia Mercuri, dirigente dell’istituto scolastico di San Donato, in questi giorni al centro delle polemiche sulla vicenza della mancata visita pastorale dell’arcivescovo Paolo Atzei.

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