La Nuova Sardegna

Sassari

IL PERSONAGGIO

La vittoria del mite guerriero contro Stato, banche e codici

di Daniela Scano
La vittoria del mite guerriero contro Stato, banche e codici

Ha dedicato gli ultimi vent’anni della sua vita a uscire dal tunnel del fallimento

08 dicembre 2015
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SASSARI. Ha dedicato gli ultimi vent’anni della sua vita a uscire dal tunnel del fallimento «chiesto nel 1997 dai dipendenti di una delle mie società – ci tiene a precisare –. Però li ho sempre capiti, non potevano fare altro. Ho pagato i miei debiti fino all’ultimo centesimo. Non ho mai lasciato nessuno a terra, io».

Luigi Silanos non ha il phisique du role, ma dentro questo signore dall’aria mite si nasconde un guerriero. Dopo avere dedicato tutte le sue energie al lavoro, ha speso quella stessa forza per difendersi dai nemici invisibili di un incubo kafkiano. Questa è la storia di un imprenditore stritolato dalla burocrazia, dalla giustizia, dalle banche.

Ma andiamo con ordine. Negli anni ottanta Luigi Silanos era uno degli uomini più ricchi di Sassari: aveva concessionarie d’auto di marche prestigiose, un grande patrimonio immobiliare, un’officina che era un gioiellino tecnologico, e poi il servizio di rimozione auto che era stato il suo primo lavoro. Un po’ come il primo “decino” di Paperon dei Paperoni.

Nonostante potesse mandarci uno dei suoi tanti dipendenti, Silanos continuò a guidare personalmente il mezzo per andare a recuperare a tutte le ore auto incidentate, sequestrate dalle forze dell’ordine o confiscate dai giudici. I suoi “clienti” erano il Comune, la Provincia, il tribunale, tutte le forze dell’ordine. Nessuno pagava la rimozione e il deposito dei mezzi, che Luigi Silanos custodiva nei suoi locali, ma lui non si preoccupava. In fondo, i soldi non gli mancavano e lui considerava quelli dello Stato come risparmi già in banca. Si sbagliava.

Poi arrivò la storia del Lido Iride, che negli anni novanta non era ancora il rudere inguardabile che è diventato. C’era un progetto per rilanciarlo e a Silanos sembrò un buon affare: partecipò al bando regionale e lo vinse. Quello fu l’inizio della sua rovina.

Sassari a volte può essere molto cattiva e quella volta lo fu. Silanos venne accusato di avere organizzato chissà quale imbroglio con un giudice molto conosciuto e scattò una inchiesta. Il giorno stesso in cui la notizia divenne di dominio pubblico, le banche che fino al giorno prima lo avevano corteggiato intimarono a Silanos di “rientrare” nei fidi. Alla faccia della presunzione di innocenza. Fu l’inizio della slavina che travolse l’imprenditore. Dopo arrivò il fallimento per 350 milioni di lire dell’epoca di contributi per i dipendenti. Per salvare Luigi, che aveva un patrimonio immobiliare miliardario, sarebbe bastato che lo Stato pagasse uno solo dei suoi debiti. Invece si comportò come un “cattivo pagatore”.

Mentre i rottami delle auto marcivano nei suoi depositi, sulla testa di Silanos piombarono altri guai giudiziari. Se teneva le auto, veniva denunciato per inquinamento. Quando invece se ne liberava, lo mandavano a processo per avere violato gli obblighi del custode giudiziario. Un giorno in tribunale, il piccolo uomo abituato a lavorare e poco pratico di leggi esplose in una memorabile “requisitoria dell’imputato” contro le contraddizioni dello Stato. Raccontò la sua storia tutta di un fiato e il giudice lo mandò assolto. Lui quel giorno era felice come un bambino, ancora più felice di quando era stato assolto per la storia del Lido Iride. Forse perché sentiva che per la prima volta lo Stato lo aveva ascoltato davvero.

Nel frattempo, passo dopo passo, accordo dopo accordo, Luigi Silanos è uscito dal fallimento. Poteva farlo tanti anni fa, consentendo al curatore fallimentare di vendere qualcuno dei tanti stabili delle società che non erano fallite. Non ha voluto farlo «perché – ha sempre spiegato – voglio uscire a testa alta da questa storia». Era la sua guerra, l’ha vinta.

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