La Nuova Sardegna

Sassari

“Romanì”, l’integrazione si coltiva come un frutto

“Romanì”, l’integrazione si coltiva come un frutto

Concluso il progetto per l’accesso a formazione e occupazione di rom e sinti Dieci ragazzi hanno studiato per 9 mesi tecniche di botanica e piantumazione

27 dicembre 2015
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SASSARI. Mettersi in gioco, abbattere i muri dei pregiudizi reciproci, imparare un mestiere e facilitare l'inserimento nel mondo del lavoro. Sono gli obiettivi di Romanì, il progetto per l'accesso alla formazione, all'occupazione e ai servizi essenziali di rom e sinti presenti in Sardegna, finanziato con fondi Por e di cui il Comune di Sassari è stato l'ente capofila. Un percorso di inclusione sociale, di integrazione e di lotta ai pregiudizi, iniziato nel novembre 2014 e concluso in questi giorni con la consegna degli attestati.

Cinque ragazze e 5 ragazzi, tra i 25 e i 35 anni, residenti nel campo rom di Sassari, sono stati selezionati per il progetto che aveva lo scopo di favorire l'acquisizione di competenze professionali spendibili nel mercato del lavoro agricolo. Uno strumento per dare una possibilità a chi vuole varcare i confini del campo, non solo fisicamente ma anche immaginando un futuro diverso.

I partecipanti hanno seguito un percorso formativo di 84 ore, hanno acquisito competenze di base su diverse materie, dal problem solving al primo soccorso, e conoscenze più tecniche di botanica, lavorazione del terreno, piantumazione e manutenzione delle piante. Una volta apprese le nozioni generali della floricoltura, hanno iniziato un'esperienza professionalizzante di 9 mesi. Il Comune di Sassari-assessorato alla Coesione sociale e Pari Opportunità è stato affiancato in questo cammino dalla Caritas turritana, dalle educatrici della cooperativa "La gaia scienza" e dalla Cospes. L'istituto tecnico agrario "Pellegrini" ha inoltre giocato un ruolo fondamentale, offrendo spazi e docenti per la fase pratica del progetto, che si è tenuta sia nella scuola sia nelle serre acquistate dall'Amministrazione coi fondi previsti dal progetto. L'esperienza, partita con una certa dose di pregiudizi da entrambe le parti, è stata un successo.

«Ho partecipato con altre 4 amiche al progetto - ha raccontato una delle ragazze -. All'inizio eravamo un po' in difficoltà: era un'esperienza nuova, sconosciuta e l'impegno da rispettare era per noi gravoso. Però nello stesso tempo eravamo molto interessate a provarci. Col passare del tempo, oltre ad aver imparato le tecniche di florovivaistica, il rispetto degli impegni e delle responsabilità, abbiamo anche vissuto un'esperienza divertente e che ci ha permesso di superare le diffidenze (reciproche) verso quelli che ci seguivano nel percorso formativo e di lavoro. Dopo questa bellissima avventura, sarà difficile tornare indietro e riprendere la vita quotidiana come prima. La speranza è che al più presto possiamo mettere a frutto le nostre nuove competenze».

«Romanì è stato lo strumento per offrire un'opportunità di riscatto, che avviene attraverso l'inclusione sociale, la conoscenza reciproca e l'acquisizione di competenze spendibili nel mondo del lavoro - ha detto l'assessora Monica Spanedda -. Ora sta a loro, a queste ragazze e a questi ragazzi, continuare a coltivarne i frutti. Sicuramente grazie a questo progetto, tutti i partecipanti, da una parte e dall'altra, si sono arricchiti dal punto di vista umano. La conoscenza reciproca è fondamentale per abbattere i muri del pregiudizio».

Oltre a piccole produzioni ortofrutticole, nelle serre sono state curate anche piante che l'Amministrazione ha utilizzato per addobbi floreali durante manifestazioni pubbliche. «Vedere il risultato del proprio lavoro esposto in importanti occasioni è stato un ulteriore elemento di orgoglio per i ragazzi e di inclusione sociale» hanno spiegato i tutor che in questi mesi hanno avuto modo di confrontarsi con una cultura tanto differente: «Solo l'accoglienza riservatami nelle loro case, anche nei momenti più intimi e importanti come il Natale,mi hanno aiutata ad avere una visione un po' più ricca di questo “mondo alieno" - ha raccontato un'educatrice-. Ma l'aspetto più importante è che Jasmina, Mira, Biserka, Zoriza e Rosa hanno avuto la possibilità di creare relazioni nuove che hanno favorito la conoscenza reciproca».

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