La Nuova Sardegna

Sassari

Rapine e furti, Rinaldo Carta non ne può più: «Ma i malviventi non ci faranno chiudere»

di Daniela Scano
Rinaldo Carta
Rinaldo Carta

Sassari, parla il patron della Cobec: «Sei colpi nei negozi e taccheggi raddoppiati, apriamo un tavolo istituzionale»

11 gennaio 2016
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SASSARI. «Voglio che i miei dipendenti lo sappiano: io non mollo, non riusciranno a farci chiudere». Rinaldo Carta è furibondo, descrive di una città sempre più povera, incattivita dalla crisi e adesso anche insicura. Una città dove sono aumentati i furti dei generi di prima necessità, ma dove i ladri si sono anche fatti spavaldi e imprevedibili. E potenzialmente pericolosi quando vengono scoperti, forse ancora più dei rapinatori “professionisti” perché possono perdere la testa. «Quella di ieri è stata una rapina a mano armata – scandisce le parole –, ma nei nostri punti vendita le prepotenze e le minacce sono all’ordine del giorno. Noi siamo il termometro sociale. Vorrei che la gente se ne rendesse conto e che le istituzioni ci ascoltassero». Dal suo osservatorio, quello che sta succedendo in città non gli piace «e comunque – ribadisce – sono preoccupato ma non mi piego».

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Il patron della Cobec non si riferisce a concorrenti nel mercato, ma al rapinatore che sabato sera ha puntato una pistola alla testa di una cassiera, nel market di Ottava, e con quelli che dopo avere terrorizzato una donna hanno svaligiato la cassa del punto vendita di piazza Mazzotti il 2 gennaio. Carta ce l’ha anche con le migliaia di ladri, qualcuno reso tale dalla povertà e dalla disperazione, che nell’ultimo anno hanno fatto schizzare il numero dei taccheggi nei ventuno punti vendita della Cobec in città e a Ittiri.

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«Nei nostri negozi i furti sono raddoppiati – denuncia – e pesano sui nostri bilanci per mezzo milione di euro come differenze inventariali». Un effetto della crisi economica, certo, «ma ci sono anche molti lavori su commissione – spiega l’ad della catena di supermercati –. Basti un dato: quasi la metà della merce rubata consiste in liquori costosi. Non ci vuole molto per capire che qualcuno manda a fare rifornimento qualche tossicodipendente che, quando viene scoperto, come è successo pochi giorni fa a Cortesantamaria, magari si mette a urlare e minaccia la commessa di prenderla a schiaffi. E lei a quel punto si ferma e lo lascia scappare, cosa altro dovrebbe fare? E queste cose accadono ogni giorno».

In casa Cobec l’ultima rapina, commessa a pochi giorni di distanza dall’altra, è stata la classica goccia che fa traboccare il vaso. Rinaldo Carta è un fiume in piena di rabbia e di esasperazione. «Troppi “colpi” e tutti nei nostri punti vendita – riflette a voce alta –. Quella di sabato è stata la sesta volta. Se penso a una strategia? Beh, non nascondo che ho avuto il dubbio perché negli ultimi dieci anni abbiamo ricevuto numerose minacce».

Ma al di là dei sospetti, è il problema della sicurezza a preoccupare l’ad della Cobec. Principalmente quella suoi dipendenti, dice, ma anche gli effetti economici che questo clima potrebbe avere. «I miei collaboratori sanno che non mollo, ho creato questa impresa 34 anni fa dal niente – dice –. Non riusciranno a farci chiudere». «Tuttavia – entra nel merito – se devo mettere un vigilante fuori da ogni market e se continua lo stillicidio dei taccheggi non possiamo farcela. Non possiamo proprio permettercelo. Usciamo da quattro anni terribili di fortissima crisi, con i bilanci in perdita. Tutte le voci che stanno mettendo in giro sono finalizzate a peggiorare la situazione, ma non nascondo che il momento è difficile».

Carta aveva intenzione di raccontare queste cose al prefetto, ma non è stato possibile. «Ho scritto una lettera qualche mese fa – racconta –, purtroppo proprio nel momento del cambio al vertice. Sarà per questo che non ho ricevuto risposta». Quella lettera sarà rispedita nelle prossime ore con la stessa richiesta: «un incontro, l’apertura di un tavolo per parlare di sicurezza «che – è il ragionamento del manager – passa attraverso il potenziamento degli organici delle forze dell’ordine, tutte. Mi piacerebbe che questo territorio fosse capace di aprire una vertenza per sostenere le richieste di risorse che arrivano da chi deve presidiare il territorio e, se necessario, di affiancarle nella protesta».

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