La Nuova Sardegna

Sassari

La Shoah vista con gli occhi dei bambini

La Shoah vista con gli occhi dei bambini

Pattada, la scuola d’infanzia ha affrontato per due settimane i temi della Giornata della Memoria

29 gennaio 2016
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PATTADA. La scuola statale dell’infanzia per due settimane, ha ricordato la Shoah coinvolgendo i bambini in modo naturale attraverso parole positive come condivisione e amore. Titolo delle attività svolte: “I bambini devono sapere, gli adulti ricordare”. Sotto l’occhio attento delle insegnanti Giovanna Loriga, Sabina Manca, Maria Antonietta Bellu e Maria Vittoria Luciano, i bambini hanno imparato in modo adatto alla loro età cos’è la Shoah e cosa vuole dire la parola “diverso”. «Già da alcuni anni – commentano le insegnanti – trattiamo il tema dell’Olocausto ma il problema è sempre lo stesso: come trasmettere un argomento così difficile e così forte come questo. La spontaneità e la voglia di conoscere dei bambini ci ha suggerito la soluzione. Abbiamo cercato di raccontare il triste evento della Shoah con “altre parole”: non odio, persecuzione, segregazione e omofobia ma parole positive come coraggio, tenerezza e solidarietà». Le insegnanti sono partite dalle storie di fantasia come “Il volo di Sara”, “La portinaia Apollonia” e “Il merlo di Bobo” per arrivare a descrivere, in modo tenero e naturale, il dramma che ha colpito migliaia di persone. Attraverso i racconti i bambini hanno capito che per ogni uomo cattivo ne esistono cento buoni. I genitori dei piccoli hanno espresso il loro entusiasmo per i lavori svolti e si sono mostrati gradevolmente sorpresi per l’interesse dei propri figli per un simile argomento storico. «Come genitori – commentano – abbiamo il dovere di parlare ai nostri figli di un simile evento ma forse non avremo trovato le parole adatte». I docenti della scuola statale dell’infanzia di Pattada sostengono che sia un obbligo morale celebrare la giornata della memoria anche con i più piccoli. «La realtà storica – concludono le insegnanti – è indubbiamente terribile ma ancora più terribile sarebbe nasconderla».

Elena Corveddu

Comune

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