La Nuova Sardegna

Sassari

Il boss Amato: il carcere ha bloccato le mie lettere

di Nadia Cossu
Il boss Amato: il carcere ha bloccato le mie lettere

Il capoclan degli scissionisti chiama in causa l’amministrazione penitenziaria «Violato un mio diritto». Il pm chiede l’archiviazione e l’avvocato si oppone

03 marzo 2016
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SASSARI. Non gli permettono di spedire telegrammi e lettere dal carcere e lui presenta una querela contro ignoti. In realtà il “bersaglio” è chiaramente l’amministrazione penitenziaria. Ma la vera curiosità è che il personaggio in questione non è un ladro, uno spacciatore o un rapinatore qualunque. A denunciare quella che a suo avviso era la violazione di un preciso diritto è stato il boss del clan degli scissionisti di Secondigliano, cartello camorristico legato al territorio napoletano: Raffaele Amato (classe 1965). A lui si ispira anche uno dei principali personaggi della prima serie di Gomorra.

Amato era latitante dal 2006, dopo che nei suoi confronti era stata emessa una ordinanza di custodia cautelare in carcere dal gip del Tribunale di Napoli. Nel 2009 è stato arrestato in Spagna: accusato di otto omicidi commessi fra il 1991 e il 1993 nella cosiddetta faida di Mugnano. Oggi, il boss è detenuto in regime di 41bis nel carcere sassarese di Bancali e diventa parte offesa in un procedimento per il quale la Procura di Sassari ha chiesto l’archiviazione.

Ieri mattina l’avvocato Sara Luiu che tutela Amato ha discusso l’opposizione all’archiviazione davanti al giudice Grotteria che si è riservato sulla decisione. Al momento del trasferimento dal carcere dell’Aquila (dove il capo dell’organizzazione camorristica era stato rinchiuso dopo l’arresto in Spagna) a quello di Sassari la sua corrispondenza sarebbe rimasta bloccata sia in entrata che in uscita. «Essendo sprovvisto di indumenti, documenti e altro – spiega l’avvocato Luiu – aveva inviato tre telegrammi alla famiglia e ai legali di fiducia per comunicare il trasferimento in Sardegna». Ma erano stati spediti dopo undici giorni. Secondo il pm il fatto che la corrispondenza sia alla fine partita giustifica l’archiviazione del procedimento. Ma l’avvocato nella sua opposizione ha fatto notare che lo stesso principio allora potrebbe essere applicato ad altri casi: «Se mi viene rubata l’auto e dopo 15 giorni mi viene restituita non è quindi ravvisabile il reato di furto?». Per il legale, ci sarebbe una violazione dell’articolo 15 della Costituzione («La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge») e dell’articolo 18ter dell’ordinamento penitenziario. La parola finale ora spetta al giudice.

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