La Nuova Sardegna

Sassari

Sassari, Abdelaziz Essid: «Più diritti e democrazia contro guerra e terrorismo»

di Costantino Cossu
Il premio Nobel per la Pace Abdelaziz Essid a Sassari
Il premio Nobel per la Pace Abdelaziz Essid a Sassari

La conferenza con il premio Nobel per la Pace: «Chi vuole l’intervento militare in Libia non lavora per il bene dei popoli»

20 marzo 2016
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SASSARI. Anche se non se ne parla molto, in Tunisia accade qualcosa che ha quasi del miracoloso. Mentre nel resto del Nord Africa e del Medioriente, le cosiddette Primavere arabe si sono risolte nel crollo drammatico dell'ordine statale e nella guerra civile (Libia e Siria) oppure nel ritorno a un regime illiberale per effetto di un golpe militare (Egitto), la Tunisia è una democrazia. Dopo la cacciata di Ben Alì, il dittatore che, dopo settimane di cruenti scontri di piazza, il 14 gennaio del 2001 ha lasciato Tunisi per fuggire in Arabia Saudita, il vuoto politico e istituzionale è stato riempito da un nuovo ordine, sancito dalle elezioni dei membri dell’Assemblea costituente nell’ottobre del 2011 e dalla nascita di un governo di cui fanno parte tutte le forze politiche che si sono opposte al Rais.

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Questo, soprattutto, ha ricordato ieri Abdelaziz Essid: la Tunisia è una democrazia, dove valgono i princìpi dello Stato di diritto. Abdelaziz Essid è iscritto all’Ordine degli avvocati di Tunisi, una delle componenti del “Quartetto del dialogo tunisino” vincitore nel 2015 del Premio Nobel per la pace (le altre tre sono i sindacati, la Lega per il rispetto dei diritti umani e la Confindustria). Ed è stato invitato a Sassari dall’Ordine provinciale degli avvocati per tenere una conferenza intitolata “Il ruolo dell’avvocatura nei cambiamenti sociali”. All’iniziativa, patrocinata dalla Fondazione di Sardegna e dal Comune, ha aderito l’Ordine dei giornalisti sardi. Sul palco, con Abdelaziz Essid e con il presidente degli avvocati della provincia Mariano Mameli, c’era anche il presidente della Federazione nazionale della stampa (il sindacato dei giornalisti) Giuseppe Giulietti.

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Una democrazia, quella tunisina, ha spiegato Essid, che sopravvive a tensioni internazionali fortissime e all’assalto del terrorismo. «L’Isis colpisce il nostro Paese con attentati devastanti, tra cui il più drammatico è stato quello del Bardo. L’obiettivo è danneggiare l’economia di una terra che vive soprattutto di turismo. Con l’indebolimento dell’economia, vogliono provocare malcontento popolare per far proseliti alla causa del cosiddetto Stato islamico». «Ma di recente – ha aggiunto Essid – l’Isis ha fatto di più. Una colonna di 150 uomini armati ha attraversato il confine con la Libia e ha cercato di prendere il controllo di una piccola città della Tunisia meridionale vicina alla frontiera. Il tentativo è fallito perché la gente di quella piccola città è scesa nelle strade con le pietre contro i mitra dei terroristi, prima ancora che intervenisse l’esercito tunisino. Ci sono state decine di vittime civili, ma metà degli uomini del Califfo sono stati uccisi. E l’altra metà catturati».

Niente di tutto questo sarebbe stato possibile se in Tunisia non esistesse una società civile robusta, capace di mobilitarsi non solo per la democrazia, come durante la Rivoluzione dei gelsomini che ha cacciato Ben Alì, ma anche contro l’avanzata del terrorismo. «Una società civile – ha ricordato Essid – della quale gli avvocati fanno parte a pieno titolo. Ci siamo schierati contro Ben Alì per la difesa dei diritti civili e della legalità contro le prevaricazioni del regime; siamo scesi in piazza durante la rivolta del 2011; subito dopo la fuga di Ben Alì ci siamo attivati perché il vuoto politico che in quel momento si apriva non trascinasse il Paese nel baratro della guerra civile. Abbiamo chiamato a raccolta tutte le forze che potevano dare un contributo alla nascita di una democrazia solida e duratura. Così è nato il “Quartetto del dialogo tunisino” che ha vinto il Nobel per la pace. In questo lavoro siamo ancora impegnati. Perché non c’è soltanto la lotta al terrorismo. C’è da costruire un sistema di regole nel quale tutti i tunisini possano riconoscersi. C’è il problema dei diritti delle donne, ad esempio, sul quale è aperta una discussione non facile. Ma siamo anche riusciti a delineare un quadro di norme che definiscono quello che abbiamo chiamato il “diritto alla non manipolazione delle coscienze”, un terreno giuridico del tutto nuovo».

Essid sa bene che non è detto che la Tunisia ce la faccia. Soprattutto se rimane sola. Perciò ieri ha chiesto sostegno, aiuto. «Soprattutto per voi, in Sardegna e in Italia, a poche miglia dal Nord Africa, è interesse vitale che la democrazia tunisina sopravviva. Perché noi siamo un argine al terrorismo che minaccia di dilagare, ma siamo anche l’esempio concreto, tangibile di una via alla soluzione della crisi nordafricana e mediorientale alternativa alla guerra. La guerra non risolve niente. La guerra voluta dalle grandi potenze, e in particolare dagli Usa, in Afghanistan, in Iraq, in Libia e in Siria, ha portato soltanto devastazione e crescita imponente dell’integralismo e del terrorismo. Serve il dialogo, invece. Serve stabilizzare, attraverso gli strumenti della politica e della diplomazia. L’esempio più chiaro è la Libia. Va favorito il negoziato tra il governo di Tobruk e quello di Tripoli, con l’obiettivo della formazione di un esecutivo di unità nazionale. Chi, al contrario, vuole l’intervento militare occidentale in Libia non lavora per risolvere i problemi. Lavora per fini che non hanno niente a che fare con il bene dei popoli».

Messaggio chiarissimo, colto da Giulietti nel suo intervento: «Non servono muri, servono ponti». Messaggio rilanciato dalle ragazze e dai ragazzi delle scuole superiori. Che erano tanti, ieri, al Verdi. E vederli seguire con attenzione e sentirli dire che se è vero che il futuro li spaventa non per questo si rassegnano a lasciare che altri continuino a sbagliare giocando con le loro vite, fa sperare che i gelsomini continueranno a fiorire. Non solo in Tunisia.

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