Pedofilia, otto anni a un tecnico di Thiesi: aveva 32mila foto di bimbe nude
Indagine dell'Fbi, nel pc anche le immagini di una piccola di quattro anni. Condanna definitiva in Cassazione
SASSARI. Gli agenti federali dell’Fbi nel 2011 approdano in un paese del Sassarese. A portarli fino alla Sardegna sono le indagini su un traffico internazionale di materiale pedopornografico. E arrivano in particolare a Thiesi, a casa del quarantunenne Francesco Demartis, un informatico disabile che vive su una sedia a rotelle. Nel suo pc vengono trovate 32.276 immagini e 1057 video che mostrano bambine nude. Uno di questi filmati ne ritrae una di appena 4 anni che viene spogliata e poi baciata dall’uomo. Per questi fatti Demartis viene arrestato. Nel processo di primo grado (con rito abbreviato) l’imputato viene condannato a otto anni, in appello la pena viene leggermente ridotta: sette anni e 7 mesi. Ora la parola fine l’ha messa la terza sezione della corte di Cassazione che ha dichiarato inammissibile il ricorso degli avvocati difensori Rita Dedola e Gian Giacomo De Martini: la condanna di Demartis è definitiva.
L’indagine. L’attenzione degli agenti statunitensi in un primo momento si concentra nella zona di Lucca dove viene rintracciato un uomo che possiede immagini pedopornografiche e che è in contatto con Demartis. L’indagine si allarga e arriva in Sardegna, anche perché si scopre che nell’isola vive una persona che detiene il 20% di tutto il materiale pedopornografico che gira in Italia, e si tratta proprio dell’informatico di Thiesi.
La vittima. Una delle vittime di questa incredibile rete di maniaci del sesso con minori è una bambina di quattro anni. E a finire nei guai, oltre a Demartis, è purtroppo anche il padre della piccola. Le accuse a carico dei due sono pesantissime: pornografia minorile e violenza sessuale con minore in concorso, mentre solo al 41enne viene contestata in più la detenzione e la divulgazione di immagini pedopornografiche.
La storia. La vicenda ha inizio qualche anno fa quando una coppia di genitori – come tanti che ogni giorno sono costretti a spostarsi dalla città in cui vivono per lavoro – decide di affidare durante il giorno la propria figlia a un’anziana conoscente. Di lei si fidano, è sempre molto affettuosa e premurosa, con loro come con la piccola. Insieme alla donna vive anche suo figlio di 41 anni, un esperto di informatica che passa gran parte del tempo davanti al pc. Ed è proprio questa sua passione a farlo cadere nella trappola. Perché attraverso le sue continue connessioni a chat internazionali – che scambiano e divulgano foto e video di bambini nudi – finisce tra le maglie di un’indagine dell’Fbi che sta cercando di smantellare una rete di pedofili.
Il pedofilo cade nella trappola. Gli agenti federali intercettano quell’uomo e mobilitano i carabinieri del posto che vanno a prelevarlo e a sequestrare dalla sua abitazione computer, video e quanto altro in suo possesso. Dagli accertamenti è emerso che l’informatico avrebbe ripreso la piccola senza vestiti ma fortunatamente non ne avrebbe abusato sessualmente. Quei video registrati con la webcam nella stanza di casa sua li trasmetteva a un malese, tra i due c’era una condivisione continua di immagini e filmati.
Il padre della bambina. Il padre della piccola ha cominciato a vivere il suo calvario personale. Arrestato anche lui perché non avrebbe vigilato sulla persona cui affidava la bambina, condannato in primo grado a 5 anni e in secondo a 4 anni e 4 mesi, tre giorni fa ha vinto la sua battaglia in Cassazione dove è stato accolto il ricorso dell’avvocato Giuseppe Onorato. Annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Cagliari. Gli investigatori gli sequestrarono il computer a caccia di materiale compromettente. Ma non trovarono mai nulla, neppure una foto pornografica di donne adulte. Sua moglie ha sempre creduto in lui e nel processo si è costituita parte civile (attraverso l’avvocato Maria Paola Cabitza) solo contro Demartis condannato anche al pagamento di una provvisionale.
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