La Nuova Sardegna

Sassari

Sassari: «L’impennata al Quadrato è tradizione»

di Luigi Soriga
Sassari: «L’impennata al Quadrato è tradizione»

Dopo il blitz dei vigili urbani e i sequestri dei motorini per le gare e le impennate, è contro generazionale tra i ragazzini e i residenti: «Chi punta il dito contro di noi dimentica di essere stato giovane e di aver fatto le stesse cose»

08 luglio 2016
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SASSARI. Come se gli avessero strappato via un pezzo di cuore, o avessero messo le mani addosso alla fidanzata. Anzi, questo sarebbe stato un dolore più sopportabile. «Ci hanno preso le moto con i guanti sporchi, le hanno caricate sul carro attrezzi, sballottate. Senza alcun riguardo. Scene brutte». Alcuni dei ragazzini del Quadrato sono scoppiati in lacrime, avrebbero dato volentieri un rene pur di non veder sequestrata per tre mesi la cosa alla quale tenevano di più. E ora è scontro generazionale, perché da trent’anni a questa parte non c’è patito delle due ruote che non abbia fatto la sua sgasata al Piazzale Segni, non abbia tentato il primo aborto di impennata in quel parcheggio, e non abbia fatto schizzare il contagiri passando accanto alle altre “greffe” di motociclisti.

Moralisti. «Sì, ma ora tutti si dimenticano di essere stati giovani e fanno tanto i moralisti – si difendono i ragazzi – noi non abbiamo fatto niente di diverso da quello che hanno combinato i nostri genitori e forse gli stessi vigili che ci hanno multato». Le famigerate corse clandestine nascono in questo modo. L’argomento moto, declinato nelle sue articolazioni tipo pezzi da 90, marmitte, carburatori, elaborazioni varie, può spalmarsi ininterrottamente anche per 4 ore. Ma a un certo punto c’è sempre quello che dice: «Dopo la modifica la mia moto ne corre un beh». E c’è sempre l’amico che risponde: «Evvai che ti perdo». Ed è in quel preciso istante che scatta la competizione, che non è altro che il virile paragone di chi ce l’ha più veloce. «Ci affianchiamo nel rettilineo, aspettiamo che non ci siano macchine e gente intorno, e facciamo giusto un giro. Queste sarebbero le corse clandestine. Roba che hanno fatto tutti, e non mi risulta che ci sia mai stato un incidente grave. Non è vero che mettiamo a repentaglio la vita nostra e degli altri. Abbiamo dei cinquantini, mica roba da motogp».

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Scenari diversi. Solo che nei decenni anche lo scenario del Quadrato è cambiata. Negli anni 90 era un fazzoletto di asfalto in mezzo al deserto. Ora attorno a quest’oasi delle due ruote sono germogliati palazzoni, abitati da inquilini dotati di padiglione auricolari e timpani. I decibel delle marmitte e l’antropizzazione sono cose incompatibili.

Fine dei giochi. E infatti le scrivanie dei vigili urbani sono piene di esposti di residenti esasperati da queste zanzare da pochi cavalli e molto fracasso che ronzano per tutto il giorno. Ed è per questo che la tradizione del Quadrato-motodromo-Segni, è destinata ad interrompersi e i piccoli discepoli di Valentino Rossi saranno costretti alla diaspora. «Ci conosciamo tutti: per noi è un punto di ritrovo. Sappiamo ogni cosa della moto di ciascuno. Quando sono arrivati i vigili per il sequestro, un minuto dopo tutti su whatsapp erano avvertiti. Venite a vedere al Quadrato, ma a piedi».

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I residenti. E gli abitanti del quartiere tirano un sospiro di sollievo, e dicono e scrivono sui social: «Era ora, ci voleva così tanto, era una situazione intollerabile». E i ragazzini non ci stanno ad essere additati come teppistelli spaccatimpani: «L’altra sera ci sono passati i primi sette sfigati che erano nel posto sbagliato al momento sbagliato. Con le gare non c’entravano nulla. Quelle le fanno la notte, ed è gente ben più grande che corre anche con le auto e ci mette i soldi. La nostra colpa due giorni fa era solo di avere targa storta». Ma ci sono i filmati: «Li conosciamo tutti quelli dei filmati. Qualcuno ha fatto delle cazzate, come quello che va a zig zag tra le auto. Ma altri proprio non ci facevano nulla in quel video.

Uno a caso. Ad esempio il tipo della foto simbolo, quello con la moto grossa, non lo conosce nessuno. È uno di quarant’anni, passato lì per caso, ha tirato un’accelerata per fare il figo, e ora passerà casini». Però quelle che i ragazzini definiscono “cazzate”, il codice penale li chiama reati. Le gare sono punite con 1 anno di carcere, il disturbo può costare 3 mesi di reclusione. Forse gli anni sulle spalle fanno dimenticare le bravate e l’incoscienza di un tempo. Ma in compenso portano in dote una consapevolezza: le leggi esistono e vanno rispettate.

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