La Nuova Sardegna

Sassari

L'omicidio di Orsola Serra, la Cassazione conferma i 24 anni per Calvia

di Nadia Cossu
L'omicidio di Orsola Serra, la Cassazione conferma i 24 anni per Calvia

Condanna definitiva per il 45enne accusato di aver strangolato e ucciso l'insegnante di Alghero

10 luglio 2016
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SASSARI. «Finalmente giustizia è stata fatta, dopo tutte le calunnie rivolte a mia figlia e alla nostra famiglia, questa sentenza mette la parola fine a una tragedia che ha distrutto la sua e le nostre vite». Ettore Serra, padre di Orsola – l’insegnante strangolata e uccisa a ottobre del 2011 – ha la voce spezzata dall’emozione mentre commenta il verdetto della Cassazione che, rigettando il ricorso dell’imputato contro la sentenza della corte d’assise d’appello di Sassari, ha confermato la condanna a 24 anni di carcere per Alessandro Calvia, il 45enne accusato di aver ammazzato l’insegnante di Alghero. «La cosa più importante – rimarca l’avvocato Pietro Piras che ha tutelato i familiari della vittima in tutti e tre i gradi di giudizio – è che si sia arrivati all’accertamento della verità e quindi della effettiva responsabilità di Alessandro Calvia».

Le sorelle dell’imputato per il processo in Cassazione avevano revocato l’incarico ai precedenti difensori scegliendo un altro legale: Claudio Salvagni, l’avvocato difensore di Massimo Bossetti (condannato qualche giorno fa all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio). Decisione maturata all’indomani della sentenza della corte d’assise d’appello, a ottobre del 2014. Calvia quel giorno aveva abbassato la testa e ascoltato in silenzio il verdetto della corte presieduta da Plinia Azzena che aveva accolto la richiesta del procuratore generale Stefano Fiori e anche l’appello incidentale della parte civile – rappresentata dall’avvocato Piras – condannando l’imputato al pagamento di una provvisionale di 700mila euro: 250mila per padre e madre della vittima e 100mila per ogni fratello. Il risarcimento, come è stato confermato ieri dai familiari di Orsola, «sarà devoluto ad alcune associazioni che si occupano di assistere le vittime di violenza».

I giudici di secondo grado, così come quelli di primo, avevano evidentemente valutato come prove inconfutabili di colpevolezza diversi elementi. A partire da quello chiave: il dna trovato nel cordino con cui il 23 ottobre del 2011 venne strangolata e uccisa Orsola. Dna che, così come era stato accertato, apparteneva ad Alessandro Calvia.

Il pg nella sua requisitoria aveva sostenuto con forza che le tracce in quel punto esatto della corda dimostravano che la stessa era stata utilizzata in un certo modo da chi uccise la vittima, una dinamica che non ammetteva quindi dubbi sul fatto che l’imputato fosse colpevole. Ma intorno a questa prova ruotava anche un’altra serie di elementi messi in luce dall’avvocato di parte civile Pietro Piras, a partire dalle contraddizioni intorno all’alibi.

Aurea Martinez, madre di Orsola, dopo la notizia della condanna definitiva di Calvia si è lasciata andare a un pianto liberatorio: «Quante calunnie contro mia figlia. Lei che era una donna benvoluta da tutti, i suoi alunni la amavano, sempre pronta ad aiutare il prossimo. Poi le è capitata la disgrazia di incontrare quell’uomo...».

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