La Nuova Sardegna

Sassari

Sassarese molestava le donne al telefono: processo allo stalker seriale

di Nadia Cossu
Immagine simbolo di stalking con messaggi e telefonate alle vittime
Immagine simbolo di stalking con messaggi e telefonate alle vittime

Giovani terrorizzate e in preda ad attacchi di panico, Giovanni Nadali è imputato per diversi episodi in tutta l’isola

11 ottobre 2016
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SASSARI. In due casi aveva persino finto di essere un agente della polizia municipale e un brigadiere dei carabinieri. Aveva chiamato il fratello della vittima prescelta chiedendogli il numero di cellulare di sua sorella per avere chiarimenti su un incidente stradale che lei avrebbe provocato con la sua auto. Una scusa per poterla rintracciare e terrorizzare telefonicamente.

Si è aperto nei giorni scorsi il processo a carico di Giovanni Nadali per stalking, molestie e furto. Sono stati accorpati diversi episodi che lo hanno visto protagonista in tutta la Sardegna con lo stesso modus operandi: rubare le borsette alle donne (con cellulari e documenti di identità all’interno), risalire alla loro utenza fissa e cominciare a ossessionarle con telefonate oscene. E raggiungere un obiettivo ben preciso: terrorizzarle. Una delle giovani vittime ha sofferto a lungo di attacchi di panico, aveva paura a uscire da sola e anche ad addormentarsi senza avere vicino i genitori.

Durante l’attività di indagine gli inquirenti avevano recuperato centinaia di numeri di telefono di donne salvati su cellulari e schede sim rubati o ricettati e utilizzati poi per molestare e perseguitare le vittime con chiamate ossessive. E poi erano stati trovati documenti (anche di nomadi) usati per sostituzioni di persona. L’uomo una volta aveva anche cercato di sfuggire all’arresto barricandosi in casa. Dall’attività investigativa era emerso che Nadali agiva in tutta la Sardegna prendendo di mira persone più o meno note sempre con la stessa tecnica, ossia utilizzando telefoni, schede sim e documenti di identità rubati e in qualche caso avrebbe utilizzato gli smartphone per filmare le donne anche mentre facevano la doccia in palestra per poi tentare il ricatto. A novembre del 2013 si era spacciato per vigile urbano per ricattare una donna, accusandola di essere scappata dopo un incidente stradale: l’aveva più volte minacciata e molestata. Il gip aveva allora rilevato che Nadali commetteva i fatti «in successiva e metodica sequenza» e lo aveva ritenuto «incapace di controllarsi, insensibile alle pene e alle misure cautelari già sofferte, tanto che la reiterata violazione delle norme penali appare essere ormai una scelta di vita». Per questo il giudice aveva emesso la misura cautelare nei suoi confronti. La sua “attività persecutoria” era arrivata anche fino a Quartu Sant’Elena dove aveva preso di mira la commessa di un negozio di intimo che, dopo le telefonate oscene dell’imputato, non riusciva più a rientrare a casa da sola dopo il lavoro.

Il processo si è aperto davanti al giudice Silvia Guareschi, l’avvocato difensore Antonio Secci avrà un duro lavoro da fare. È stato ammesso l’esame delle persone offese (che non si sono costituite parte civile) e quello dell’imputato. Nella prossima udienza, a febbraio, saranno sentiti i primi sei testimoni.

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