La Nuova Sardegna

Sassari

Sassari, bimbo tetraplegico dopo il parto: ginecologo a giudizio

di Nadia Cossu
Le cliniche universitarie di Sassari
Le cliniche universitarie di Sassari

Il pm: il ritardo del cesareo determinò la paralisi del piccolo. La mamma in lacrime in aula: ho temuto che morissimo

12 ottobre 2016
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SASSARI. Sarà il collegio presieduto dal giudice Maria Teresa Lupinu – a conclusione dell’istruttoria dibattimentale – a stabilire se il ginecologo di 47 anni Pierpaolo Chiappe sia responsabile o meno della tetraparesi di cui soffre, fin dalla nascita (a maggio del 2012), un bambino di quattro anni dell’hinterland di Sassari. Lo specialista è a giudizio per lesioni colpose e omissione d’atti d’ufficio. «A causa del ritardo con il quale si dava corso al taglio cesareo, l’imputato cagionava al neonato lesioni gravissime consistite in una malattia certamente o probabilmente insanabile consistente in un danno neurologico irreversibile per l’assenza prolungata di ossigeno». È quanto scriveva il sostituto procuratore Giovanni Porcheddu nella richiesta di rinvio a giudizio di Chiappe, medico specialista in Ostetricia e Ginecologia alle cliniche universitarie di Sassari.

Nell’udienza di ieri 11 ottobre, che si è svolta nell’aula della corte d’assise il racconto drammatico della mamma, del padre e della nonna del piccolo. «Quando arrivai in ospedale stavo malissimo, urlavo – ha raccontato in aula la giovane mamma rispondendo alle domande del pubblico ministero Carlo Scalas – Mi ricordo che a un certo punto presi la mano di dottor Chiappe e gli dissi “Mi faccia il cesareo, in questa situazione o muoio io o muore il bambino”. E lui mi rispose: “Ce la farai, cosa vuoi una cicatrice sulla pancia a vent’anni?”». La donna ha raccontato di essere entrata nel reparto delle cliniche alle 8 del mattino e di aver fatto un lunghissimo e sofferto travaglio. Anche se in realtà l’imputazione contestata al ginecologo riguarda un arco temporale di venti minuti compreso tra le 23.55 e le 00.15. Secondo la Procura Chiappe non avrebbe monitorato con l’apposito strumento cardiotocografico applicato alla futura mamma «i parametri di benessere fetale del nascituro nell’orario compreso tra le 23.55 del 2 e le 00.15 del 3 maggio 2012. E avrebbe comunque effettuato dei tentativi di manovre ostetriche da ritenersi incongrue (...) La sofferenza fetale suggeriva piuttosto di dare corso con urgenza al taglio cesareo».

I genitori del bambino si sono rivolti agli avvocati Lisa Udassi e Marco Manca che li tutelano in questa vicenda giudiziaria. Il ginecologo deve rispondere anche del reato di omissione d’atti d’ufficio «perché ometteva indebitamente – scrive il pm – di annotare nella cartella clinica della paziente che nell’orario compreso tra le 23.55 del 2 e le 00.15 del 3 maggio erano state praticate delle manovre ostetriche (cosiddetta manovra di Kristeller e applicazione di ventosa), annotazione che doveva essere compiuta senza ritardo per ragioni di sanità».

Lo specialista è assistito dall’avvocato Sebastiano Chironi: «Il processo svilupperà già dalla prossima udienza le tematiche specifiche di natura medico legale – ha commentato Chironi – quella relativa alla ipotizzata negligenza del sanitario e quella del nesso causale tra la asserita negligenza e le lesioni del nascituro e contiamo, pur nel rispetto per quanto dolorosamente accaduto, di fornire al Tribunale le opportune spiegazioni in merito».

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