La Nuova Sardegna

Sassari

Scoperta l’immagine più antica di Balai

di Gianni Bazzoni
Scoperta l’immagine più antica di Balai

A Bonorva un trittico che raffigura la chiesa e i martiri turritani

22 novembre 2016
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PORTO TORRES. Oltre 12mila firme già raccolte - ma il conteggio è in continuo aggiornamento - e un rush finale per migliorare la posizione di classifica con un ulteriore contributo di adesioni entro la scadenza del 30 novembre. La chiesetta di Balai vicino, a Porto Torres, dedicata al culto dei martiri Gavino, Proto e Gianuario (patroni della diocesi) fa parte dei “Luoghi del cuore” del Fondo Ambiente Italiano (Fai) che concorrono per ricevere finanziamenti utili per la tutela e la valorizzazione dei monumenti più significativi. La scoperta. Proprio in questi giorni, sulla chiesetta di Balai si sono accesi i riflettori in virtù di una nuova importante scoperta. Si tratta dell’individuazione di un dipinto custodito nella chiesa di San Giovanni a Bonorva con quella che pare essere la più antica raffigurazione finora nota della chiesetta di San Gavino a mare o di Balai vicino. Cioè il luogo dove, secondo il racconto del Condaghe di San Gavino (il documento stampato nel 1620), il giudice Comita avrebbe rinvenuto in età medievale le reliquie dei tre martiri turritani. La scoperta, alla quale è stato dedicato un saggio e che verrà a breve presentata a Porto Torres (assieme ai risultati della raccolta delle firme per la chiesetta, indetta dal Fai), è stata effettuata dall'epigrafista Giuseppe Piras, studioso che da anni ha incentrato parte delle sue pubblicazioni scientifiche sulla basilica romanica e sul culto dei martiri turritani svelando, tra l'altro, la datazione e l'identità degli autori di due noti quadri a loro dedicati, e conservati a San Gavino.

Lo studioso. «La scoperta – racconta Giuseppe Piras – è il frutto di un lavoro di ricerca che, con il Centro Studi Basilica di San Gavino di Torres, stiamo conducendo da tempo riguardo alle rappresentazioni iconografiche esistenti che riproducono la basilica, i tre martiri turritani e la torre aragonese. Nel corso degli studi, fra le numerose opere d'arte analizzate, ci siamo imbattuti nel trittico della chiesa di San Giovanni a Bonorva».

Il dipinto a Bonorva. Si tratta di tre dipinti, olio su tela, che secondo Giuseppe Piras sono «pertinenti ad una pala d'altare collocata nella cappella di sinistra della chiesa, già oratorio di Santa Croce, monumento ascritto all'ultimo ventennio del Seicento. Il trittico, raffigurante i martiri turritani, venne restaurato nel 1996 e catalogato ad opera di Wally Paris la quale lo attribuì ad ambito sardo (la firma dell'autore non è conosciuta) con una datazione tra il XVII ed il XVIII secolo».

Grande importanza. Alla scoperta è stata attribuita una rilevante importanza. E la conferma arriva proprio dall’epigrafista che ha lavorato alla ricerca: «L'ambientazione nella quale sono inserite le figure dei martiri turritani propone nella parte inferiore un panorama costiero con, sullo sfondo, un profilo montuoso prospiciente ad un ampio braccio di mare solcato da imbarcazioni a vela latina. Che si tratti della rappresentazione del Golfo dell'Asinara è confermato dalla raffigurazione, nello scomparto mediano del trittico dove è dipinta l'immagine di San Gavino, della città di Sassari seguita dalla croce che anticamente segnava l'ingresso al nucleo di case sul Monte Agellu. Andando verso la sinistra della tavola, sono riprodotte chiaramente: la casa-torre che dava accesso alla basilica; la basilica stessa con in evidenza l'abside orientale, il tetto turrito ed il campanile a vela (demolito nel Novecento); il centro abitato di Torres; la torre aragonese e infine, all'estrema sinistra, il prospetto frontale della chiesetta di Balai. Proprio l'esame di questa rappresentazione della chiesetta ha rivelato che la facciata della chiesetta doveva apparire a quell'epoca pressoché identica a quella ancora oggi visibile». Anche i volumi dipinti ai lati del monumento – secondo Piras – sembrano ricondurre ai contrafforti sul fianco orientale ed al bancone roccioso sul quale si appoggia nel lato opposto. «Dettagli fondamentali che ci consentono di fugare i dubbi legati alla datazione dell'assetto esterno della chiesetta che, tra la seconda metà del Seicento-inizi del Settecento, doveva essere simile a quello attuale, contrariamente a quanto sosteneva il canonico Giovanni Spano che, nell'ottobre del 1856, definiva “recente” la fabbrica dell'edificio».

I bastimenti. L’ulteriore precisazione della data - a questo punto - è fondamentale. Giuseppe Piras la sottolinea così: «Rispetto alla datazione fornita nella scheda della storica dell’arte Wally Paris, colpiscono due elementi. Il primo è l'asta reggivessillo che impugna San Gavino. È tale e quale nella foggia della parte inferiore a quella della statua in argento (detta “Santu Bainzu di la prata”), donata alla Cattedrale di Sassari tra il 1670 ed il 1675, nonché a quella della statua marmorea realizzata da Giacomo Antonio Ponsonelli e collocata nell'anticripta della basilica tra il 1706 ed il 1713. Il secondo elemento – prosegue Piras – è riferito ai bastimenti raffigurati nel trittico, ad uno, due e tre alberi: in particolare quello più grande (forse una saettìa) richiama in modo sorprendente, anche se solo nella forma, alcuni effigiati nei dipinti murali della chiesa del Rosario di Orani, della prima metà del Settecento. Per ora è plausibile ipotizzare una datazione del trittico di Bonorva compresa tra la seconda metà del Seicento e gli inizi del secolo seguente, che fa di questa raffigurazione dell'allora chiesa di Santu Bainzu ischabizzaddu quella più antica finora conosciuta».

Santu Bainzu ischabizzaddu. L'intitolazione a San Gavino a mare della chiesetta sembrerebbe alquanto recente. Nel “Processo original” - redatto nel 1614, all'atto del ritrovamento delle reliquie dei martiri da parte dell'arcivescovo Manca de Cedrelles - «si sottolinea come la chiesetta venga chiamata volgarmente “Sanctu Gavinu Scapichatu” – conclude Giuseppe Piras –. E nell'opera del canonico Francisco Roca del 1620, la si denomina come “San Gavino Descabeçado”. Ancora a metà Ottocento, Giovanni Spano riporta la medesima intitolazione, rimasta oggi invece solo per la chiesetta ubicata a Balai lontano, sul luogo del martirio dei santi Gavino, Proto e Gianuario».

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