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Sassari

Sassari, celle troppo piccole: detenuti risarciti

Sassari, celle troppo piccole: detenuti risarciti

Nove reclusi hanno ottenuto un giorno di riduzione per ogni 10 trascorsi nel vecchio carcere in condizioni disumane

16 aprile 2017
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SASSARI. Prima che nel mese di luglio del 2013 - dopo 140 anni - chiudesse per sempre i battenti, era considerato il peggior carcere d’Italia. La conferma che San Sebastiano con i muri scrostati, i suoi spazi angusti, i suoi bagni alla turca e le sue docce nei sotterranei, non rispettasse la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, è arrivata dalla Corte di Cassazione che di recente ha dato ragione a nove detenuti che avevano chiesto di poter beneficiare del rimedio compensativo.

Introdotto dal decreto legge 92 del 26 giugno 2014 da parte della Corte Europea dei diritti dell’uomo, il decreto indica in tre metri quadrati per detenuto lo spazio minimo sotto cui la detenzione diventa «trattamento disumano e degradante». E in molte celle del vecchio carcere di San Sebastiano capitava evidentemente che spesso i metri quadrati per detenuto fossero meno di tre. Il trasferimento nel nuovo e più comodo istituto di Bancali non aveva cancellato nei detenuti il ricordo delle sofferenze patite tra le vecchie mura ottocentesche, così in tanti si erano rivolti al magistrato di sorveglianza che aveva accolto l’istanza.

La casa circondariale e il Ministero della Giustizia avevano presentato ricorso con tutta una serie di motivazioni che la Corte di Cassazione non ha condiviso. Anche la Corte Europea dopo diversi ricorsi si era pronunciata sull’argomento e aveva imposto all’Italia di eliminare la condizione di sovraffollamento delle carceri e di prevedere una norma che consentisse, a chi avesse subito il trattamento disumano, di ottenere un risarcimento. È entrata così in vigore la legge 117/2014 che, recependo l’imposizione di Strasburgo, ha introdotto l’articolo 35 ter della legge 354/1975. La norma prevede che il magistrato di Sorveglianza, accertata l’eventuale violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, risarcisca con lo sconto di un giorno di pena (ogni 10 espiati) i detenuti. Se il soggetto che ha subìto il danno al momento della pronuncia è già in libertà, invece, gli spetteranno 8 euro al giorno. In questo secondo caso, quando il detenuto è libero, l’istanza deve essere proposta al Tribunale civile che deve accertare la violazione dell’articolo 3 e quindi risarcire nella misura indicata.

Un anno prima della chiusura definitiva era stata l’allora garante dei detenuti Cecilia Sechi a lanciare l’allarme sulle condizioni disumane dei detenuti di San Sebastiano. «Celle che hanno ormai un colore verde dovuto umidità delle pareti - aveva riferito in Consiglio comunale - per i detenuti è impossibile stare in tre contemporaneamente in piedi dentro la cella per mancanza di spazio. Dentro le celle, ci sono spesso tre letti a castello, l’ultimo dei quali ad una altezza da brivido, che impedisce al detenuto di stare seduto. C’è poi un piano di cemento dove è poggiato un cucinino con pochi alimenti e attaccato allo stesso piano uno spago dal quale pende un asciugamano o uno straccio che copre la turca».

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