La Nuova Sardegna

Sassari

«Per i diritti delle donne decide ancora il censo»

di Antonio Meloni
«Per i diritti delle donne decide ancora il censo»

Al martedì dell’archivio dibattito sulla condizione femminile tra storia e attualità Giusi Marrosu: come nel medioevo conta la posizione sociale, è inaccettabile

20 aprile 2017
3 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. Malgrado le importanti conquiste del 900, la condizione femminile risente ancora di una certa discriminazione dalla quale la cultura occidentale non si è mai completamente affrancata. Riconoscimento e rispetto dei diritti dipenderebbero, infatti, dalla posizione e dal censo, un fattore che nella realtà contemporanea è quanto meno inaccettabile.

Lo ha rimarcato a chiare lettere Giusi Marrosu, presidente dell’associazione “Noi donne 2005” intervenendo, l’altro ieri, al quarto appuntamento dei “Martedì dell’Archivio”, dedicato all’analisi della condizione femminile negli Statuti sassaresi. Durante la conversazione con la storica Michela De Giorgio – nell’affollata saletta al piano terra dell’istituto di via dell’Insinuazione – Marrosu ha detto chiaramente che «Oggi, come nel Medioevo, il riconoscimento dei diritti di una donna è direttamente proporzionale alle sue condizioni economiche e alla posizione occupata nella società, una realtà gretta che non può più essere accettata e su cui occorre lavorare per garantire pari diritti e dignità a tutte le donne».

Però, va riconosciuto anche che gli Statuti sassaresi assegnano alla donna un posto molto importante. Analizzando il documento, infatti, filtra l’immagine di una donna che non solo ha un certo margine di autonomia e autodeterminazione, ma è anche modello a cui il legislatore si è ispirato per conferire valore sociale e culturale al testo di legge. Prova ne sia il fatto che la donna sassarese dell’età comunale aveva la facoltà, per esempio, di denunciare al podestà il marito dedito al gioco o che non avesse una condotta in sintonia con l’etica e la morale del tempo. Ancora, era titolare di una dote cospicua che le consentiva di vivere nell’agiatezza e guardare al futuro con una certa serenità. «Certo - ha fatto notare Michela De Giorgio – la rappresentazione giuridica che emerge negli Statuti è quella della donna sposata, titolare di dote, alla quale è demandata la cura e la protezione dei figli, una donna comunque di ceto elevato e quindi già titolare di certi diritti».

Diversamente da quanto avveniva per le donne appartenenti alle classi più basse che dovevano faticare non poco per rivendicare i diritti più elementari e dimostrare sempre, in ogni occasione, la propria dignità personale. «Va da sé – rimarca la storica della condizione femminile – che comunque il testo deve sempre essere calato nel contesto di una realtà medievale anche se va detto che quelli sassaresi ricalcano il modello degli Statuti adottati in tanti altri comuni della Penisola». Altro passaggio importante, riguardo al tema, è quello relativo alle modalità di accesso ai bagni pubblici, pare che all’epoca in cui il legislatore redige gli statuti l’edificio si trovasse più o meno nella zona di via Isabelline. Per evitare la presenza in contemporanea di uomini e donne, erano stati stabiliti dei turni e coloro che venivano sorpresi nel giorno sbagliato andavano incontro a una brutta sorte. “Il documento – ha concluso Paolo Cau, direttore dell’Archivio – è ricco di tanti altri passaggi che gli appassionati possono apprezzare consultando l’edizione online».

La Sanità malata

Il buco nero dei medici di famiglia: in Sardegna ci sono 544 sedi vacanti

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative