La Nuova Sardegna

Sassari

Il Serd: prima sigaretta a meno di 11 anni

di Luca Fiori
Il Serd: prima sigaretta a meno di 11 anni

Allarme dell’équipe che si occupa di prevenzione e cura del tabagismo: «Fenomeno in aumento ma pochi si rivolgono a noi»

21 maggio 2017
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SASSARI. La prima sigaretta, sfilata di nascosto dal pacchetto di mamma o papà, inizia a bruciare tra le labbra a meno di undici anni. I primi pacchetti, acquistati da qualche amico più grande o venduti da tabaccai senza scrupoli, circolano facilmente fra i tredicenni nei bagni e all’uscita delle scuole. A 15 anni, tanti, troppi sono già dipendenti dalla nicotina, un veleno micidiale che ogni anno fa nel mondo circa 6 milioni di morti.

Dati preoccupanti che collocano la quota dei ragazzi sassaresi fumatori (in compagnia con i coetanei di tutta l’isola) al di sopra delle percentuali del resto del Paese. A fronte di una media nazionale del 13,7 per cento, i quindicenni con il vizio del fumo in città superano il 21 per cento. Questo dato si riflette inesorabilmente su quello che riguarda gli adulti. Nell’isola il 26, 8 per cento della popolazione (il dato si avvicina molto a quello cittadino) si dichiara fumatrice, contro il 22 per cento del resto della nazione. Il numero medio delle sigarette fumate ogni giorno è di13,1.

Un problema tanto diffuso quanto sottovalutato a giudicare dall’esiguo numero dei pazienti che ogni anno si rivolge al Centro Antifumo del “Servizio Dipendenze” di San Camillo. «La media degli utenti che ci chiedono aiuto per smettere di fumare - spiega la referente del servizio, la psicologa Tiziana Marras - è di circa 60 persone ogni anno. I motivi possono essere diversi e tra questi c’è sicuramente la vergogna di recarsi in un centro come il nostro che si occupa di tutti i tipi di dipendenza e dunque può mettere in soggezione».

Il presidio di San Camillo ha come missione infatti la prevenzione, la cura e la riabilitazione sia delle dipendenze patologiche comportamentali come il gioco d’azzardo che da sostanze psicoattive come l’alcool, il tabacco e i farmaci, ma anche la cura e la riabilitazione di pazienti che hanno gravi problemi con sostanze stupefacenti. A scoraggiare molti possibili utenti è certamente anche la difficoltà di raggiungere il presidio sanitario lungo la strada che collega la città con Sorso e Sennori. Eppure l’impegno dello staff di professionisti che ci lavorano è quotidiano, anche se in pochi ne conoscono l’esistenza. Il Centro Antifumo di San Camillo è un servizio territoriale che può contare anche sull’apporto di un medico, la dottoressa Maria Paola Ruiu, e di un educatore, Ulrich Schroeder, che si occupa della prevenzione negli istituti scolastici.

«Ci rechiamo nelle scuole medie che ne fanno richiesta - spiega l’educatore - e cerchiamo di spiegare ai ragazzi dagli 11 anni in sù non solo i rischi che comporta la dipendenza da nicotina, ma con il dialogo e i confronto cerchiamo di portare i ragazzi a essere in grado di fare delle scelte che poi condizioneranno la loro vita».

Un ruolo fondamentale all’interno dell’équipe del Centro Antifumo viene svolto dal medico. «A seconda del grado di dipendenza e della presenza di astinenza nel paziente - spiega Maria Paola Ruiu - si può integrare la terapia con farmaci utilizzati nella cessazione dell’abitudine al fumo». Sono più le donne, a differenza del resto del Paese, a rivolgersi al “Servizio Dipendenze” e ammettere di aver un problema con il fumo. «In media i nostri utenti hanno tra i 45 e i 48 anni - spiega Tiziana Marras - e se arrivano fin qui vuol dire che hanno già superato paura, vergogna e pregiudizio verso questo posto e dunque sono pronte per affidarsi a noi e per smettere di fumare».

L’approccio al paziente prevede un colloquio di accoglienza, una valutazione psicologica e una medica. Poi viene scelta la terapia che può essere individuale o di gruppo a seconda della tipologia del paziente. Conclusa la fase del trattamento è prevista la valutazione degli esiti con incontri ogni tre mesi. Quelli che si impegnano veramente riescono a smettere. «Chi lo fa entro 50 anni - conclude Tiziana Marras - riduce della metà il rischio di morte nei successivi 15 anni».

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