La Nuova Sardegna

Sassari

«Con il sequestro non c’entra, Faedda deve essere assolto» 

di Gianni Bazzoni
«Con il sequestro non c’entra, Faedda deve essere assolto» 

Rapimento Titti Pinna, processo in appello alle battute finali L’avvocato Mura contesta la credibilità del teste Carlo Cocco

10 giugno 2017
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SASSARI. Per l’avvocato Gian Marco Mura (che lo segue fin dal processo di primo grado) Antonio Faedda non è colpevole del sequestro dell’allevatore di Bonorva Titti Pinna. Per questo, ieri mattina, davanti ai giudici della corte d’appello di Sassari - a conclusione di una appassionata arringa durata più di tre ore - ha chiesto l’assoluzione del suo assistito «per non avere commesso il fatto». E nel caso la richiesta non dovesse essere accolta ha proposto che venga tenuta in considerazione l’ipotesi prevista dall’articolo 530, secondo comma, del Codice di procedura penale, nel quale si prevede che il giudice pronuncia la sentenza di assoluzione «anche quando manca, è insufficiente o è contradditoria la prova che il fatto sussiste...». Ma l’avvocato Mura è andato oltre e - nel caso il collegio giudicante dovesse riconoscere la colpevolezza dell’imputato - ha chiesto di tenere in considerazione il livello di coinvolgimento di ogni singolo compartecipe. Insomma, un po’ come aveva fatto la corte d’assise di Sassari (che allora era presieduta proprio dal giudice Plinia Azzena, presente nell’attuale processo d’appello) nei confronti di Salvatore Atzas e Natalino Barranca: il primo era stato condannato a 30 anni, mentre il secondo (indicato come presunto vivandiere di Titti Pinna, poi definitivamente prosciolto in appello e in Cassazione) aveva avuto 17 anni. «Graduare la pena – ha detto l’avvocato Mura – e in questo caso specifico si tenga conto che Faedda è accusato solo di avere svolto il ruolo di staffetta della banda».

Dopo l’arringa del difensore di Antonio Faedda, la procuratrice generale Maria Gabriella Pintus ha annunciato la replica che è in programma il 14 luglio. Poi la corte si ritirerà per emettere la sentenza.

Nel suo lungo intervento, diviso per capitoli e articolato con dettagli tecnici (per quanto riguarda la controversa storia delle celle telefoniche che disegnano il percorso fatto da Giovanni Maria “Mimmiu” Manca e da Antonio Faedda (da nord a sud e ritorno), l’avvocato Mura ha cercato di “annullare” gli indizi chiari, precisi e concordanti che hanno portato alla condanna a 25 anni di Antonio Faedda nel processo di primo grado. Secondo il suo difensore, la ricostruzione della funzionalità delle celle è stata fatta dal perito dell’accusa «a tavolino, senza mai fare una prova reale sul campo». L’avvocato Mura ha anche concentrato il suo intervento sulla «inattendibilità del testimone chiave dell’inchiesta-bis sul sequestro di Titti Pinna, quel Carlo Cocco definito «compagno di merende» di “Mimmiu” Manca dal pm della Dda Gilberto Ganassi. Il legale ha rilanciato la tesi che la famosa telefonata fatta da Manca a Faedda con il cellulare di Cocco non fosse per dare inizio al sequestro di Titti Pinna ma «per chiedere conferma della disponibilità di capretti per un amico di Nulvi». Faedda «è credibile nel suo racconto» - secondo l’avvocato Mura - e le telefonate intercorse il giorno del sequestro con Manca (4) sarebbero «tutte estranee alla vicenda del rapimento dell’allevatore di Bonorva».

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