La Nuova Sardegna

Sassari

Sassari, studenti al lavoro in hotel? La preside si oppone

di Luigi Soriga
Sassari, studenti al lavoro in hotel? La preside si oppone

Sull’alternanza scuola-lavoro scoppia il caso: la dirigente dell’Alberghiero contro le “assunzioni” degli stagisti

03 luglio 2017
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SASSARI. Il nome suona bene: alternanza scuola-lavoro. Sa di pragmatismo, azzarda il miglior accostamento possibile per uno studente: la teoria alla pratica, i libri alle braccia. Nei fatti, però può trasformarsi in un mix molto pericoloso: l’anticamera del sommerso, del lavoro nero, e della manodopera minorile a buon mercato.

Della serie: frotte di studentelli degli istituti alberghieri che dopo un rodaggio gratuito di due settimane, vengono poi arruolati per tutta la stagione a prezzi da saldo. Con un rimborso di 400 euro al mese un hotel arruola fior di personale formato, qualificato e pronto all’uso, ma in offerta speciale. Perché i costi di assicurazione ed Inps sarebbero coperti dalla scuola.

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Maria Luisa Pala ha sessantadue anni ed è la dirigente scolastica dell’Istituto Alberghiero di Sassari. Non le piacciono i giri di parole, è una che non le manda a dire. Una decina di giorni fa, in presidenza si sono presentate alcune mamme per chiedere la sua benedizione. I figli avevano appena ultimato lo stage di due settimane all’interno di alcune strutture ricettive del nord Sardegna, e gli hotel erano pronti a tenerli per tutta la stagione. Naturalmente, trattandosi di minorenni, occorreva il consenso dei genitori e l’imprimatur dell’istituto. E la risposta della dirigente è stata questa: «Non ci penso minimamente. Mi state chiedendo di avvallare una forma di lavoro nero e una sorta di sfruttamento minorile. E questo va contro la legge. Mi fa piacere che i vostri figli si siano fatti apprezzare, e non ho dubbi sulla loro preparazione, ma se un datore di lavoro li vuole con sé deve farlo seguendo le regole, con una regolare assunzione e senza sotterfugi fiscali».

Le mamme, a dire il vero, non l’hanno presa benissimo. Per loro si tratta di un’occasione sprecata e di una ottusa presa di posizione che va contro le prospettive professionali di uno studente. «Se c’è un modo per farsi le ossa e acquisire esperienza sul campo – si lamenta una mamma – è proprio lavorando tre mesi in un albergo. Metti in pratica le nozioni acquisite, ti fai conoscere, prendi contatti per una futura assunzione, fai curriculum e, perché no, guadagni anche qualche soldino, che a 17 anni non guasta mica. Mi pare che il senso della Legge 107, chiamata non a caso Buona Scuola, sia questo.

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Eppure la preside dell’alberghiero è irremovibile. Ed è una delle poche così ostinata, perché il direttore dell’hotel ci ha detto che altri istituti invece sono entusiasti quando i propri alunni proseguono l’esperienza di lavoro. Non fanno una piega a concedere le autorizzazioni». Maria Luisa Pala fa spallucce. Dice: «Quello che mi infastidisce di più è che usano le mamme come ariete. Presentano loro le cose in un certo modo, e le mamme ci cascano in pieno. E poi la cattiva sembro io. Ma sapete come stanno le cose? Ve lo spiego per bene. L’alternanza scuola lavoro deve coprire 15 giorni di stage. Il Ministero paga tutto, noi stipuliamo convenzioni con gli alberghi, loro accolgono gli studenti e li inseriscono nelle reception a fare desk, o in sala a fare i camerieri, oppure in cucina a fare il commis. Insomma a imparare sul campo un mestiere. E fin qui mi va benissimo. Ciò che non tollero è il secondo step: ovvero il tentativo di reclutare a due soldi personale qualificato per gli altri mesi. Gli alberghi pretendono cioè che la scuola prolunghi lo stage, cosa che tra l’altro non può proprio fare, e loro si risparmiano le spese di assicurazione, Inps e via dicendo e se la cavano con una paghetta di 400 euro. Ma questo a casa mia si chiama lavoro nero e se la Finanza cominciasse a fare dei controlli a tappeto in diverse strutture, scoprirebbe che non sto raccontando favole». E ancora: «Non ho puntato i piedi solo con le mamme: mi è capitato di dire un secco no anche agli stessi albergatori che mi hanno contattato telefonicamente. Perché negare questa opportunità? Mi dicevano. Lei sa che in Continente lo fanno tutti?».

E la preside è una prassi che conosce bene. «All’ultimo corso di aggiornamento che si è tenuto a Parma sull’alternanza scuola-lavoro, sono volate parole grosse. Ho denunciato una situazione gravissima: la colonizzazione delle strutture ricettive sarde da parte degli alunni degli istituti alberghieri del Lazio, Campania e Sicilia. Sono felicissimi di spedire da noi i loro studenti, poi sfruttati a costo zero, e se ne vantano. Questa distorsione della Buona Scuola, oltre a essere illecita crea anche danni sotto il profilo occupazionale. Perché toglie possibilità di assunzione a chi il lavoro lo sta cercando davvero». Non a caso le convenzioni con le scuole sono gettonatissime. «Quest’anno abbiamo inviato come stagisti circa 800 studenti degli ultimi tre anni. Ne avremmo potuto piazzare anche il doppio, per quanto era la richiesta. Trovo che tutto questo non sia normale e infatti per l’anno prossimo adotterò delle contromisure: concederò l’alternanza per il periodo invernale, ma non per i tre mesi estivi. Non voglio più essere complice di questo sistema di reclutamento low cost».
 

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