La Nuova Sardegna

Sassari

Fuggì dall’ospizio e morì, 2 condanne e 5 assoluzioni 

di Nadia Cossu
Fuggì dall’ospizio e morì, 2 condanne e 5 assoluzioni 

Sette anni dopo il decesso di Nicolò Carta arriva la sentenza della corte d’assise A processo erano finiti infermieri e responsabili della “Cristo Re” di Valledoria

07 luglio 2017
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SASSARI. È arrivata nella tarda mattinata di ieri la sentenza che chiude il processo per la morte di Nicolò Carta, un pensionato di Trinità d’Agultu, annegato dopo essersi allontanato dalla casa di riposo di Valledoria dove era ricoverato. Era ottobre del 2010.

Sono passati sette anni e la corte d’assise ieri ha condannato due persone e ne ha assolto cinque. Erano infatti sette gli imputati finiti a giudizio per abbandono di incapace e omicidio colposo. Il pubblico ministero Maria Paola Asara a conclusione della sua requisitoria aveva chiesto sei condanne e una assoluzione nei confronti di altrettanti coordinatori, membri del comitato esecutivo e del consiglio direttivo della residenza per anziani “Cristo Re”.

Le condanne sono arrivate per Silvana Solinas e Massimiliano Orrù (difesi dall’avvocato Agostinangelo Marras): erano accusati di abbandono di incapace ma il reato è stato riqualificato in omicidio colposo e sono stati condannati a un anno di reclusione (pena sospesa) e al pagamento di una provvisionale di 10mila euro alle parti civili. Lo stesso reato era stato contestato a Ivan Antonio Pes, coordinatore della struttura, che – assistito dai legali Gianluigi Poddighe e Paolo Spano – è stato invece assolto. Assoluzione anche per Luisa Gaspa (difesa sempre da Spano e Poddighe), Marisa Spezziga (assistita da Pierino Arru), Giovanna Fadda (assistita dall’avvocato Marras) e Giorgia Benvenuti (difesa da Gian Mario Fois), tutte infermiere nella casa di riposo. Il pm aveva chiesto una condanna a un anno e quattro mesi per Benvenuti, Gaspa e Spezziga (per omicidio colposo in concorso) e tre anni e sei mesi per Solinas, Orrù e Pes (in questo caso veniva contestato il più grave reato dell’abbandono di incapace).

In realtà il processo era nato proprio per abbandono di incapace ma durante l’istruttoria dibattimentale si erano delineate con maggiore precisione le posizioni di ogni imputato. Il pubblico ministero – nel caso di Benvenuti, Gaspa e Spezziga – aveva ritenuto che non ci fossero prove che le tre fossero «dolosamente consapevoli del fatto che la vittima fosse “incapace”» però le aveva comunque considerate responsabili «a titolo di colpa» riqualificando il reato a loro carico come omicidio colposo. La Asara aveva invece chiesto che Giovanna Fadda venisse assolta.

Il pensionato Nicolò Carta morì dopo essersi allontanato dalla casa di riposo e secondo la Procura non furono osservati «i doveri di custodia e di cura sull’ospite che necessitava di particolari attenzioni in considerazione delle patologie dalle quali era affetto. Così consentendogli di allontanarsi e di cadere in una fossa poco distante scavata nel fango e riempita da acqua piovana» nella quale morì annegato. Il cadavere dell’anziano, che soffriva di amnesie, fu trovato immerso in un canale di scolmamento tra Viddalba e Valledoria. A presentare l’esposto in Procura erano state le due sorelle della vittima assistite dall’avvocato Mario Perticarà.

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