La Nuova Sardegna

Sassari

Anche con il caso Charlie si alimenta l’antieuropeismo  

Eugenia Tognotti
Anche con il caso Charlie si alimenta l’antieuropeismo  

IL COMMENTO - La politica dovrebbe restare fuori da questo dramma. Rispettare i doveri deontologici di asetticità e distacco

10 luglio 2017
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Al di là del suo aspetto legale ed etico, la straziante vicenda di Charlie, il bambino inglese colpito da una rara, incurabile malattia neurologica, è senza precedenti, non solo per la copertura mediatica, il rilievo internazionale, l’intervento di Donald Trump e di Papa Francesco. Ma anche per la strumentalizzazione politica e ideologica, operata da più parti, della disperazione dei giovani genitori e di un piccolo, fragile corpo malato, sospeso tra tecnomedicina, diritto, Stato e scienza. L’antieuropeismo ha trovato - in particolare qui da noi - un’infiammabile materia di propaganda dopo il pronunciamento della Corte Europea dei diritti dell’uomo per l’interruzione delle cure.

A quell’Istituzione si erano, infatti, rivolti i genitori del bambino che si opponevano disperatamente alla decisione dei medici dell’ospedale di interrompere le cure del loro figlio, affetto da una rarissima, incurabile malattia ereditaria, la mitocondriopatia, a causa della quale Charlie non può né vedere , né sentire, né emettere suoni o fare alcun movimento senza l’ausilio delle macchine. Per i medici dell’Unità di terapia intensiva dell’Ospedale per bambini di Great Ormond Streeet, così come per un gruppo di esperti consultati dai genitori e per la Corte Suprema Britannica, era eticamente e professionalmente sbagliato prolungare artificialmente la vita del bambino, esponendolo ad un’inutile sofferenza con ulteriori trattamenti. In altre parole, sarebbe stato solo una forma di accanimento terapeutico poiché non vi era più alcuna possibilità di tenerlo in vita o comunque di riportarlo ad una vita consapevole.

Investita di un caso così terribilmente doloroso - che riguarda la cruciale questione dell’accanimento terapeutico, al centro, da anni, di un accesissimo dibattito tra medici e bioeticisti - la Corte europea dei diritti dell'uomo ha confermato la decisione dei medici dell’Ospedale di staccare le macchine che tengono il bambino appeso ad una fragile vita, o piuttosto in una condizione di ‘vita apparente’ - col supporto di un ventilatore meccanico - affermando che insistere con altre cure "non avrebbe dato alcun beneficio e avrebbe solo causato dolore, sofferenza e angoscia".

Di certo quell’Istituzione - che ha parlato di un caso ‘disperatamente doloroso’ e della ‘comprensione’ per il dolore dei genitori, non ha preso la sua decisione senza consultare, da una parte, i più accreditati esperti di quella rarissima malattia; dall’altra, di esplorare ogni possibile alternativa, compresa la possibilità di un protocollo sperimentale di terapie nucleosidiche allo studio negli Usa.

Di fronte ad un padre e ad una madre che lottano disperatamente per tenere in vita il loro bambino e si sentono impotenti di fronte alle decisioni di medici e giudici, si è colti da un senso di vertigine, di commozione e pietà per ‘l’ inferno in terra’ che stanno vivendo, per riprendere le loro parole. Niente, quindi, appare più odioso del fatto che la condivisione del loro dolore, la tenerezza per quel bambino, che ci riguarda tutti, possano essere strumentalizzati anche per alimentare l’onda antieuropeista e la sfiducia nelle istituzioni europee. Rappresentate, in tweet, commenti, post, come covi di impietosi, rigidi burocrati e freddi giudici che hanno firmato la condanna a morte di un bambino, mettendosi sotto i piedi il dolore dei genitori. Se Grillo parla di ‘Un’Europa senz’anima’, il leader del Carroccio Matteo Salvini sintetizza “Omicidio con Ue complice silente” e perfino l’ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi, si chiede perché ‘la Corte Europea dei diritti umani (diritti?) non ha concesso la cura sperimentale in America’. Un’affermazione che non rende un buon servizio alla scienza e al rispetto delle prerogative di ogni organo di giudizio da cui ci aspettiamo che osservi, al meglio, il dovere deontologico di agire con asetticità e distacco. È quello che ci auguriamo tutti, in queste ore, mentre si parla di un riesame del caso da parte della Corte, di fronte alla notizia di una cura sperimentale messa a disposizione dei colleghi inglesi del Great Ormond da un gruppo di medici e scienziati dell’Ospedale pediatrico Bambin Gesu di Roma. Lo studio non è stato ancora pubblicato su riviste scientifiche, ma in alcuni test preliminari sui topi, il protocollo avrebbe funzionato nell'arrestare la degenerazione causata dalla sindrome del piccolo Charlie. È solo una possibilità, ma capace di accendere finalmente la fiamma della speranza di quei disperati genitori e non solo.

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