La Nuova Sardegna

Sassari

Sassari, il pm: «La palazzina abusiva di viale Trento va sgomberata»

di Luigi Soriga
Sassari, il pm: «La palazzina abusiva di viale Trento va sgomberata»

Mille metri cubi in eccesso: 10 residenti rischiano di perdere la casa, guai giudiziari per il costruttore e 4 dirigenti comunali

22 luglio 2017
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SASSARI. Ci sono palazzi che nascono decisamente sotto una cattiva stella. Costruttori che maledicono il giorno di aver messo il primo mattone, e inquilini che non vorrebbero mai aver posto la firma sulla compravendita. L’edificio di sei piani che sorge all’incrocio tra viale Trento e via Principessa Jolanda è uno dei simboli dei calvari edilizi della città.

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Ordinanza di sgombero. È la famigerata pratica Ingeman, che ha tenuto banco prima per diversi anni nelle stanze di Palazzo Ducale e che da qualche tempo si è trasferita nelle aule del tribunale. Risultato: 10 famiglie rischiano seriamente di perdere la propria casa. E del 13 luglio scorso, infatti, l’ordine di sgombero firmato dal pubblico ministero Carlo Scalas: ai residenti vengono concessi due mesi tempo per fare le valigie e liberare gli alloggi. Il conto alla rovescia è cominciato. «Ciò che non riusciamo a capire è proprio l’accanimento nei nostri confronti – dice l’avvocato Giorgio Murino, che oltre ad essere il legale che cura gli interessi degli inquilini, è lui stesso parte in causa, in quanto proprietario di uno degli appartamenti –. Siamo la parte lesa, abbiamo acquistato convinti che tutto fosse in regola, non abbiamo commesso alcun reato, rischiamo di perdere l’abitazione e il pm continua ad emanare provvedimenti di sgombero come se liberare quel palazzo fosse di vitale importanza. C’è già il sequestro giudiziario dell’immobile, che è lì e non si sposta di un centimetro. Si parla di sovraccarico urbanistico, e io mi chiedo quanto possano incidere 10 unità abitative in una zona già così densamente urbanizzata come viale Trento e dotata di tutti i sottoservizi. Ci opporremo anche questa volta al provvedimento come già in passato, e speriamo che il giudice capisca la nostra situazione».

I risvolti penali. Ma il progetto di questa palazzina si è rivelato anche l’investimento più travagliato per Giovanni Manconi, costruttore, titolare della ditta Ingeman, che si ritrova sotto processo per abusi edilizi, con una trentina di appartamenti congelati e con enormi difficoltà economiche.

E infine guai giudiziari anche per i 4 dirigenti comunali che hanno istruito o avuto a che fare con la pratica urbanistica, accusati di abuso d’ufficio e falso. Giovanni Agatau, all’epoca responsabile dello sportello delle attività edilizie del Comune, Sebastiano Frau, dirigente dell’Edilizia Privata, Giovanni Spada, responsabile del procedimento e Gian Marco Saba, sempre del settore edilizia.

La storia. Una storia molto articolata che parte lontano, addirittura dal 2009, anno in cui le palazzine liberty cadevano giù, una dopo l’altra con le ruspe armate dal piano casa. In Consiglio comunale (amministrazione Ganau) ogni istanza di demolizione e ricostruzione veniva passata ai raggi x, perché a colpi di benna erano già stati cancellati edifici di pregio. E anche la pratica Ingeman era finita sotto la lente: c’era un problema di distanza tra pareti finestrate, ovvero i muri sorgevano troppo vicini rispetto al palazzo adiacente. E questo era un primo problema di carattere tecnico.

Gli abusi. Ma quello sul quale cade l’attenzione della magistratura è un altro: da un primo controllo risulta una discrepanza tra le misure depositate dall’impresario negli uffici comunali. Scattano gli accertamenti e dalle relazioni emergerebbe un bluff sulle altezze, in modo da ottenere maggiore cubatura dal piano casa. Infatti i fotogrammi di google maps scattati prima della demolizione della palazzina Liberty, evidenzierebbero un’altezza inferiore del manufatto rispetto a quella dichiarata nel progetto. In ogni modo, secondo il pm Carlo Scalas, alla fine la Ingeman avrebbe edificato un palazzo di sei piani più un altro interrato, usufruendo della premialità del 30% di volumetria concessa dal Piano Casa per le pratiche di demolizione e ricostruzione, senza rispettare i parametri: invece dei 4300 mc regolamentari, ne avrebbe realizzato 5200, con un abuso edilizio di circa 900 mc. Ma il costruttore Manconi ha in mano una concessione edilizia controfirmata dai tecnici comunali. Ed è proprio di questo atto che devono rispondere penalmente i quattro dirigenti che hanno istruito e portato a conclusione la pratica. Secondo il magistrato avrebbero avvallato i falsi prospetti presentati nel progetto e avvantaggiato la Ingeman legittimando la cubatura in eccesso.

Niente agibilità. Già nel 2014 il gip aveva posto sotto sequestro l’immobile e il pm aveva chiesto lo sgombero. Ma il giudice aveva ritenuto eccessiva la misura e aveva accolto l’istanza dei residenti di poter continuare ad abitare nei propri alloggi. Però resta un grosso problema: l’immobile resta tutt’ora privo del certificato di agibilità e abitabilità, e il nuovo provvedimento del pm fa leva anche su questo aspetto. E la corte di cassazione gli ha dato ragione. «Ci auguriamo che prevalga il buon senso – dice l’avvocato Murino – tra poco il palazzo sarà sottoposto a un accertamento di conformità, c’è una sentenza del Tar a favore del costruttore. Come minimo, prima di sfrattare delle persone dalla propria casa, comprata onestamente e con sacrifici, bisognerebbe attendere la sentenza definitiva».
 

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