La Nuova Sardegna

Sassari

La cultura e la storia della Sardegna sconosciute ai turisti: il mare non basta

di Claudio Zoccheddu
La cultura e la storia della Sardegna sconosciute ai turisti: il mare non basta

Segnaletica inadeguata: i siti sono difficilmente raggiungibili. E nel web domina la proposta balneare: la storia è quasi ignorata

23 luglio 2017
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SASSARI. Quattro chilometri a piedi per visitare un nuraghe. Ma anche la delusione di trovare un cancello chiuso dopo un viaggio affidato alle incertezze di un nonluogo. Il turismo culturale in Sardegna cresce lentamente anche per colpa dei buchi neri in cui i visitatori rischiano di precipitare quando escono dalle strade più battute andando a caccia delle esperienze che ormai fanno la differenza anche nei pacchetti turistici più commerciali. E se il nonluogo è lo scavo di Mont’e Prama e il nuraghe da raggiungere a piedi è Sa domo de su Re, meglio noto come Santu Antine, allora è chiaro che non tutti i conti possono tornare. Almeno per il momento.

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Il report della Cna. Mentre il ministro della Cultura, Dario Franceschini, spendeva parole di miele sul futuro dei giganti di Mont’e Prama, la Confederazione nazionale dell’artigianato (Cna) diffondeva i dati sul turismo nell’isola in cui la cultura gioca il ruolo della comparsa: il 74 per cento dei turisti stranieri sceglie la Sardegna per la spiagge e per il mare e solo l’8 per cento si affaccia oltre la linea di costa per scoprire l’anima dell’isola. Nell’epoca dove tutto è a portata di clic, poi, sapere che appena il 9 per cento delle pagine web dedicate alla Sardegna accenna “alla storia, all’arte e alla cultura dell’isola” è il classico colpo di zappa sui piedi. Su internet – e soprattutto nelle pagine in lingua inglese – si parla quasi esclusivamente di mare, spiagge, cibo e vino. Il resto viene lasciato alla curiosità dei turisti che, però, è sottostimolata con informazioni fugaci, incostanti. Quando va bene.

L’odissea dei turisti. A piccoli passi anche l’offerta culturale sarda inizia a germogliare ma ci sono luoghi di assoluta bellezza che sono ancora ai margini degli itinerari. Un esempio è quello del nuraghe di Santu Antine, in territorio di Torralba. La “casa del Re” è a due passi dalla 131 e basta un attimo per raggiungerla, se si dispone di un auto. Senza, al contrario, è un’impresa. E, considerando le tariffe dei traghetti, non tutti arrivano in vacanza a bordo della loro quattro ruote. Anzi. Capita così che per raggiungere Santu Antine si debba dare fondo a capacità podistiche degne di un atleta. Per evitare le escursioni sotto il sole basterebbe una fermata del bus: «Che adesso è a quattro chilometri di distanza, a Torralba – spiega Barbara Marras, vice presidente della cooperativa Sa Pintadera che gestisce il sito – ma ci capita di accogliere turisti che affrontano i quattro chilometri di camminata pur di visitare il nuraghe. Qualche volta, quando rimangono fino alla chiusura, gli diamo un passaggio noi alla fermata». Per aiutare la crescita del sito basterebbe una fermata del bus: «Proprio così anche se devo dire che il numero dei visitatori è aumentato. Nel 2017 ne abbiamo ospitato 3mila in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno».

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E chissà quanti sarebbero con qualche piccolo accorgimento in più. Lo stesso vale per un altro sito di cui si parla tanto in prospettiva futura. Il presente, invece, racconta il successo di un’area archeologia difficile da scoprire. Cabras, la terra dei giganti di pietra, è come Neverland, l’isola di Peter Pan. Le indicazioni per arrivarci sono anche più complicate perché non basta girare a destra dopo la seconda stella e poi proseguire sino al mattino. Sulla 131, ad esempio, Cabras non esiste. Come non esistono i giganti. Nessun cartello, nessun indicazione, nessun itinerario. C’è chi dice che per arrivare nei luoghi, nel 2017, basti un navigatore satellitare. Vero, purché si conosca il nome della destinazione da inserire. A ogni modo, anche la terra dei giganti conta un numero di visitatori sempre maggiore: nel 2016 sono stati 167mila. Nonostante tutto.

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Il polo museale. Ma c’è anche chi, per fortuna, si muove in netta controtendenza rispetto al contesto. Il polo museale della Sardegna, che comprende tredici strutture di rilievo nazionale, è un fucina di iniziative culturali spalmate su tutto l’anno solare: «Perché la parola d’ordine deve essere la destagionalizzazione dell’offerta – spiega la direttrice, Giovanna Damiani –. Per questo motivo produciamo iniziative culturali a ritmo serrato. La Sardegna non può essere solo la terra delle spiagge e del mare, ci sono tante altre cose da scoprire. Quando si parla di cultura si deve anche capire che questo settore può produrre occupazione e ricchezza. Noi siamo in prima fila e se qualcuno volesse accodarsi ci farebbe davvero piacere purché nel frattempo si potenzino le infrastrutture e il sistema informativo. Dobbiamo crescere perché la cultura della Sardegna è poco conosciuta fuori dall’isola».
 

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