La Nuova Sardegna

Sassari

Dietro l’odio degli jihadisti anche l’eredità coloniale

Renzo Guolo
Strage sulle ramblas a Barcellona
Strage sulle ramblas a Barcellona

L'ANALISI - Oltre un terzo dei circa 200 terroristi arrestati proviene dalle enclave spagnole nordafricane

20 agosto 2017
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La Spagna ancora una volta nel mirino dello jihadismo. Tredici anni dopo Madrid, tocca a Barcellona. Una strage che ha fatto meno vittime, quella nella città catalana, ma non meno dura nell'impatto. Tra chi ha perso la vita anche due giovani italiani, come molti in vacanza in una città divenuta, per stile di vita, clima culturale, architettura, uno dei luoghi preferiti del turismo mondiale.

Perché il paese iberico viene nuovamente colpito? Incidono fattori globali e fattori locali. Barcellona diviene teatro dello jihadismo perché è una città occidentale e nella guerra dichiarata dall'Isis, come prima da Al Qaeda, all'Occidente " crociato e sionista", è un bersaglio come un altro. Come già Londra, Parigi, Nizza, Stoccolma e, appunto, Madrid. Il fatto che un'attentato possa mietere vittime tra cittadini occidentali di diversa nazionalità, costituisce, semmai, una sorta di valore aggiunto nella gerarchia dei target jihadisti.

Ma contano anche fattori locali, regola che vale anche per altri paesi, come insegna il caso francese. A colpire ad Atocha nel 2004 fu un gruppo qaedista, il Gruppo Islamico Combattente del Marocco, autore di un attentato strategico mirato a punire la partecipazione spagnola alla guerra in Iraq e destinato a mutare equilibri politici interni ed esterni.

Conta molto, nel bene e nel male, il legame geopolitico tra Spagna e Marocco. Simboleggiato anche dall'eredità coloniale delle enclave spagnole nordafricane di Ceuta e Melilla, popolate da una componente musulmana in forte crescita demografica. E' in quel contesto, bersaglio della propaganda jihadista prima di Al Qaeda ora anche dell'Isis, che matura un diffuso odio anti-coloniale che fa da lievito all'arruolamento jihadista di qua e di là dello stretto di Gibilterra. Tra i circa centottanta jihadisti arrestati in Spagna negli ultimi tre anni, oltre un terzo è originario di Ceuta e Melilla e molti sono i foreign fighters partiti dalle due enclaves per Siria e Iraq. Anche uno degli arrestati di queste ultime ore è originario di Melilla.

Dall'altro lato, l'immigrazione dal Marocco ha investito anche la Catalogna. Fenomeno che non poteva non avere conseguenze anche sul piano della , minoritaria, radicalizzazione che tocca in particolare i giovani musulmani. ll 20 per cento degli jihadisti arrestati viene da Barcellona e dintorni: anche la cellula in azione nella capitale catalana si è formata a Ripoll, nei pressi di Girona.

Oltre il 42 per cento degli jihadisti ha nazionalità marocchina, il 41 quella spagnola. Tra questi metà sono immigrati di seconda generazione, il 40 per cento di prima generazione, il 10 per cento convertiti. Se per la Francia il legame con Algeria e Tunisia ha prodotto, anche, radicalizzazione interna, analogo esito ha prodotto, in questa fase storica, anche quello tra Spagna e Marocco.

Un rancore, quello che i giovani radicalizzati, nutrono verso la Spagna, motivato oggi anche dalla partecipazione iberica alla coalizione anti-Isis, con compiti di formazione delle forze armate e della polizia irachena.

E dallo stretto rapporto con la Francia nell'Africa subsahariana, in particolare in Mali, dove gli spagnoli assistono le truppe locali nel contrasto allo jihadismo subsahariano.

Nella visione del mondo jihadista la Spagna non è, dunque, un bersaglio minore ma uno dei molti paesi del campo del Nemico, reo oltretutto, di occupare quell'El Andalus, l'Andalusia, la regione spagnola che per lungo tempo è stato terra di califfato.

In un contesto pur segnato dalle tensioni centro-periferia sul referendum indipendentista di ottobre in Catalogna, il paese ha mostrato forte compattezza. Vedere in questa delicata fase storica riuniti insieme attorno a Re Felipe VI, il premier Rajoy, il presidente catalano Puigdemont, il sindaco di Barcellona Ada Colau e i leader di tutti i principali partiti spagnoli. per un minuto di silenzio in omaggio alle vittime dell’attentato, mente la folla scandisce lo slogan «No Tengo Miedo», «Non ho paura». fa pensare per un momento che le tensioni tra Madrid e la Catalogna siano accantonate.

Non è così, ma la democrazia spagnola ha sempre dato nelle circostanza difficili una prova di fiducia nelle istituzioni non di circostanza.



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