La Nuova Sardegna

Sassari

Realacci: «Non distruggiamo la Pelosa»

di Paoletta Farina
Realacci: «Non distruggiamo la Pelosa»

Il presidente onorario di Legambiente e parlamentare Pd: «Bene il progetto del Comune, ma intanto limitiamo gli accessi»

18 settembre 2017
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SASSARI. «La Pelosa è un posto magico, e per questo va tutelata. Se il progetto speciale voluto dall’amministrazione comunale di Stintino non potrà essere realizzato subito, allora bisogna prendere misure alternative che almeno scoraggino l’accesso incontrollato a cui la spiaggia sta pagando un prezzo altissimo». Ermete Realacci conosce bene l’incanto di quella lingua di sabbia che si incunea in uno strepitoso mare turchese. Presidente onorario di Legambiente che ha guidato fin dai primi anni di vita dell’associazione, presidente della Commissione Ambiente Territorio e Lavori Pubblici della Camera oltreché membro della direzione del Partito Democratico, ha con la Sardegna e con la sua costa a Nord Ovest un lungo rapporto di frequentazione. Cominciato nei primi anni Ottanta quando era un aficionado di Biancareddu, borgata della Nurra sassarese, dove trascorreva le vacanze, in una casa presa in affitto, con i suoi amici storici tra cui l’attuale presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. E continuato anche il mese scorso con un soggiorno ad Alghero, «per me la più bella città sarda».

Bei tempi, quelli, in cui la pressione dell’uomo sulla spiaggia stintinese per eccellenza non aveva ancora raggiunto i livelli attuali, con cinquemila persone (almeno) ad agosto assiepate quotidianamente sull’arenile a contendersi un lembo di sabbia.

«Ora, purtroppo, non posso consigliare di andare alla Pelosa, perché non è piacevole per le persone stare in un luogo tanto affollato ed è un danno per la spiaggia impoverita dagli assalti giornalieri», constata amaramente Realacci. «Invece bisognerebbe trattarla con tutte le attenzioni possibili: è uno straordinario biglietto da visita per il turismo nell’isola, non dimentichiamolo, e non si può attentare al suo equilibrio».

E allora cosa fare? «Personalmente ho sostenuto e continuo a sostenere il progetto del Comune per il ripascimento delle dune con lo smantellamento della strada che rappresenta un ostacolo al vento di maestrale – dice l’ambientalista – : è anche un modo per allentare la pressione sulla spiaggia non poterla raggiungere in auto. Il sindaco Antonio Diana ha avuto il coraggio di intraprendere per primo un’azione di salvaguardia del litorale del suo Comune e di questo bisogna dargliene atto. Ma se realisticamente quanto è in cantiere non potrà essere realizzato in tempi brevi, poiché la data prevista per la conclusione della fase esecutiva è per il 2019, allora bisognerà percorrere strade alternative. Più i tempi di realizzazione del progetto speciale si allontanano, più è urgente intervenire con altre misure di contenimento dell’accesso».

È un problema davanti al quale si sono trovati altri sindaci, e non solo in Sardegna, che hanno visto presi d’assalto i loro luoghi di mare più pregiati. «Sorvolando in aereo l’arcipelago della Maddalena ho visto tante di quelle barche che in confronto il parcheggio di un supermercato è meno affollato – afferma il presidente onorario di Legambiente – . Il problema appunto esiste e bisogna affrontarlo, perché si può coniugare turismo e sostenibilità».

Come? «La Sardegna deve allungare la stagione turistica, se vuole combattere l’affollamento – afferma Ermete Realacci –. In località come Porto Cervo e tante altre non si puo lavorare solo per un mese e mezzo o due mesi all’anno. Perché ci sono tutte le condizioni per consentire una vacanza al meglio al di fuori di luglio e agosto. Il clima è buono e in primavera la vostra isola è bellissima, ha i colori dell’Irlanda. L’interno merita di essere visitato esattamente come il mare e si darebbe un aiuto alla sopravvivenza dei piccoli Comuni. Proprio questa settimana andrà in aula in Senato, dopo l’approvazione alla Camera un disegno di legge di cui sono primo firmatario per il sostegno e la valorizzazione dei Piccoli Comuni. Il testo propone un’idea di sviluppo che punta sui territori e sulle comunità, che coniuga storia, cultura e saperi tradizionali con l’innovazione, le nuove tecnologie e la green economy».

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