La Nuova Sardegna

Sassari

Fuoco nella villa destinata ai profughi

di Nadia Cossu
Fuoco nella villa destinata ai profughi

In fiamme due macchine e una casa che era stata affittata a una Ong. Il proprietario: doveva accogliere solo otto persone

23 settembre 2017
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SASSARI. Non doveva essere il classico e affollato centro di accoglienza per migranti. La destinazione di quella villa di Sant’Orsola contro la quale giovedì notte si sono accaniti gli incendiari era completamente diversa: doveva ospitare solo otto rifugiati. Ognuno di loro avrebbe seguito un progetto individuale di inserimento scolastico o lavorativo, a seconda dell’età. Invece, approfittando del buio, qualcuno ha prima dato fuoco a due macchine e poi ha cosparso di liquido infiammabile il portone della villa. La casa – di proprietà della famiglia Pilo, molto conosciuta e stimata a Sassari – è stata presa in affitto il primo agosto da un’organizzazione non governativa che ha regolarmente partecipato a un bando del Comune per la predisposizione di un progetto di reinserimento sociale a favore di otto migranti. Un’iniziativa che, è evidente, non tutti devono aver gradito.

Due i bersagli degli incendiari. Prima hanno appiccato le fiamme alle macchine di Maria Pilo, figlia della proprietaria (defunta) della villa destinata ai migranti. Le auto (una Lancia Ypsilon e una Yaris) erano parcheggiate in un cortile interno. Poco dopo – proprio mentre polizia e vigili del fuoco lavoravano sul posto – gli attentatori si sono spostati circa cento metri più avanti dove c’è la struttura destinata a ospitare i rifugiati. Hanno gettato il liquido infiammabile e acceso il rogo, poi sono scappati. Fortunatamente una persona che si trovava in mezzo al trambusto generale che si era creato tra quelle vie residenziali di Sant’Orsola, ha notato le fiamme in lontananza e così i vigili hanno avuto modo di spostarsi velocemente verso la casa riducendo i danni che, altrimenti, avrebbero potuto essere molto più gravi. E avrebbero potuto anche coinvolgere i confinanti, considerato che quella della defunta Pilo è una villa bifamiliare e che accanto ci abitano delle persone. Il fuoco ha bruciato il portone, annerito le pareti, spaccato tutti i vetri delle finestre.

«Quello che è successo è gravissimo – il commento di Stefano Pilo, avvocato, che insieme ai fratelli ha ereditato la villa – È indice di una pericolosissima cattiveria, e di ignoranza. Hanno dimostrato di essere spregiudicati, non si sono minimamente preoccupati né del fatto che dentro casa potesse esserci qualcuno, né che le forze dell’ordine potessero vederli». Si sfoga e non nasconde l’amarezza, Stefano Pilo: «Mia nipote, che ha qualche problema di salute, è ancora terrorizzata, mia sorella piange. E penso anche ai vicini, a quello che poteva accadere». Racconta, poi, di come sia nato il contatto con la Ong: «Negli anni non siamo riusciti a vendere la casa di mia madre, è molto grande. Così quando siamo stati contattati dall’organizzazione abbiamo deciso di prendere in considerazione l’idea di affittarla. Ma solo dopo esserci informati con scrupolo. Abbiamo così saputo che l’associazione è molto seria, che ha regolarmente partecipato al bando del Comune di Sassari e lo ha vinto. E ci è piaciuto il progetto dell’inserimento individuale. Otto giovani che vanno a scuola o che vengono introdotti nel mondo del lavoro». Un passo importante nel cammino dell’integrazione, un percorso studiato nel dettaglio e, se vogliamo, anche una bella sfida per il Comune di Sassari e per chi ogni giorno si impegna per rendere il più possibile dignitosa la vita di chi è in difficoltà. «Di certo non mi sarei aspettato che in quartiere residenziale qual è Sant’Orsola – aggiunge Pilo – dove vivono persone di cultura, di un certo ceto sociale, si potesse verificare un fatto simile».

Sembra che i segnali di un malumore dilagante ci fossero e che qualcuno avesse manifestato più di qualche perplessità sulla destinazione della villa. Ma questo non significa certo che i responsabili dell’incendio risiedano nel quartiere. Saranno le indagini affidate a Squadra mobile e Digos a fare chiarezza sulla vicenda.

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