La Nuova Sardegna

Sassari

Viaggio a Santa Filitica tra ville e impianti termali

di Emanuele Fancellu
Viaggio a Santa Filitica tra ville e impianti termali

Nel litorale di Sorso un suggestivo percorso che racconta otto secoli di storia I visitatori alla scoperta del sito con le archeologhe Garau e Gasperetti

26 settembre 2017
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SORSO. Come un libro le cui storie sono scritte sopra la stessa pagina, qualcuna “leggibile” con maggior evidenza, qualche altra solo in filigrana. Così è il sito di Santa Filitica, sul litorale di Sorso: una meraviglia vissuta per almeno otto secoli, forse fin dai primordi della Colonia Iulia Turris Libisonis, sicuramente dalla media età imperiale alla tarda epoca bizantina. A raccontarne le vicende – unite da un ipotetico e nobilissimo fil rouge rappresentato dal vino, ottimo, prodotto nella zona, un vino moscato dolcissimo offerto ai visitatori dalla Confraternita del Moscato di Sorso e di Sennori in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio – le archeologhe Elisabetta Garau dell’Università di Sassari e Gabriella Gasperetti, responsabile della sede operativa di Porto Torres della Soprintendenza ai Beni archeologici che da un mese ha ereditato anche le consegne inerenti il territorio di Santa Filitica dalla collega Daniela Rovina.

Le due archeologhe hanno accompagnato i visitatori in un viaggio nel tempo lungo otto secoli allargando le vedute al vasto areale extraurbano, la pertica di Turris Libisonis, nella quale si trovavano maestose ville rustiche con impianti produttivi, proprio come quello di Santa Filitica. «Il retroterra agricolo era molto fertile e doveva produrre non solo per i padroni degli impianti, ma anche un surplus destinato a rifornire Turris Libisonis e forse anche la capitale» ha spiegato Gabriella Gasperetti, ricordando come tracce di ville dotate con ogni probabilità ed in alcuni casi con sicurezza di impianti produttivi si trovino a Lu Bagnu, Sant’Imbenia, Fiumesanto, Ezzi Mannu. Oltre, ovviamente, a Santa Filitica, «che vanta un’estensione notevole: sono 14 gli ambienti della villa scavati con uno sviluppo in età romana e poi abbandoni e riusi fino all’età bizantina» ha detto l’archeologa che ha evidenziato come analisi approfondite sui materiali ritrovati negli scavi abbiano mostrato anche tracce di attività legate al mondo del mare, all’allevamento, la caccia, ed industriali, da quella della lavorazione delle corna di cervo per produrre utensili a un forno per quella di utensili in ferro, tra i quali anche una fiocina. Oltre a quelle agricole.

«Il sito di Santa Filitica si comprende solo se si guarda a Turris Libisonis con cui il legame è strettissimo» ha premesso Elisabetta Garau prima di ricordare che, come per Sant’Imbenia, neppure qua si conoscono i proprietari e gli abitanti successivi. La docente ha poi illustrato le evidenze archeologiche a partire da quelle d’età romana, riconoscibili attraverso un impianto termale privato annesso alla villa «di cui non conosciamo al momento l’estensione perché è possibile sia sotto il villaggio rurale successivo». Un cenno alla cisterna della villa, utile alla raccolta d’acqua anche per l’antica Spa, uno alle vicende del villaggio bizantino e la chiusura sui mosaici esposti oggi a Palazzo Baronale, mosaici “parlanti”, «con tutta una serie di elementi naturali tra i quali la figura di Bacco: ci piacerebbe molto trovare i vinaccioli sullo scavo. Non disperiamo e ci piace pensare ci fosse un paesaggio come l’attuale, ricco di vigneti» ha chiosato Elisabetta Garau.

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