La Nuova Sardegna

Sassari

protesta la minoranza di sorso 

Roggio (Pd): «Le nostre mozioni sono lettera morta»

Roggio (Pd): «Le nostre mozioni sono lettera morta»

SORSO. «Ritengo inaccettabile che tutte le mozioni da me presentate e approvate dal consiglio comunale, quasi sempre all’unanimità, rimangano a tutt’oggi lettera morta». È questo l’incipit di una...

01 ottobre 2017
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SORSO. «Ritengo inaccettabile che tutte le mozioni da me presentate e approvate dal consiglio comunale, quasi sempre all’unanimità, rimangano a tutt’oggi lettera morta». È questo l’incipit di una dura nota del vicecapogruppo del Pd sorsense e presidente della commissione Bilancio, Michele Roggio, indirizzata all’amministrazione comunale del sindaco Giuseppe Morghen. Le tre mozioni cui fa riferimento il consigliere democratico hanno passato il vaglio dell’assemblea civica ormai da parecchi mesi. La prima riguarda l’attuazione dello strumento del baratto amministrativo, gli sconti fiscali in favore dei cittadini in cambio di lavori di pubblica utilità. La seconda mozione aveva previsto l’adozione del Peba, il Piano per l’eliminazione delle barriere architettoniche. Il terzo atto di indirizzo votato dall’aula di piazza Garibaldi era finalizzato all’intitolazione di uno spazio pubblico alla memoria di illustri cittadini, come l’avvocato Antonio Catta. Si tratta di proposte votate in aula che però, a distanza di anni, non sono mai state arrivate al traguardo. «Traspare l’immagine di un’amministrazione sempre più bloccata, e incapace di dare seguito a processi approvati e voluti con votazione unanime - riprende il consigliere - ed è poi evidente come l’inerzia e la noncuranza tenda a mortificare e avvilire di fatto non solo il ruolo propositivo di ciascun singolo consigliere, voluto e più volte fortemente auspicato dalla stessa maggioranza, bensì il ruolo dell’intera assemblea civica».

«Le mozioni - sottolinea ancora Michele Roggio - riguardano argomenti di notevole importanza per la nostra collettività, e pertanto la mancata applicazione degli indirizzi del consiglio comunale offende e umilia di conseguenza anche l’intera cittadinanza». (s.s.)



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