La Nuova Sardegna

Sassari

I Facchini: «Rinunciamo alla Faradda»

di Antonio Meloni
I Facchini: «Rinunciamo alla Faradda»

Sassari, colpo di scena dopo la mancata ammissione. L’obriere maggiore Pintus: «Vogliamo mantenere la nostra storia e identità»

05 ottobre 2017
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SASSARI. Nessuna modifica del nome e del vestiario, nessun obbligo, nessuna attività di monitoraggio, solo il ritorno alle origini e lo strenuo attaccamento a quell’identità storica a cui non intendono rinunciare.

A quasi due mesi dalla Faradda, il gremio della Mercede torna sulla spinosa questione della mancata ammissione alla discesa del 14 agosto, che per due anni ha animato il dibattito a ridosso della festa più importante della città. Lo fa con una nota stringata, firmata dall’obriere maggiore Massimo Pintus, per comunicare che «l’arcigremio non si sente più in dovere di fare proprie le prescrizioni della commissione storica data la mancata partecipazione alla discesa dei candelieri».

Parole chiare, che pur nello stile sobrio, lasciano trasparire grande amarezza e altrettanta delusione per l’esito di una vicenda che speravano potesse concludersi diversamente.

Come si ricorderà, per il secondo anno consecutivo, lo scorso agosto, la compagine era stata esclusa dal corteo del voto per una serie di ragioni, spiegate dalla commissione storica nominata a suo tempo da Palazzo Ducale. Questioni legate proprio al nome e alle caratteristiche di alcuni indumenti del vestiario che i componenti della commissione, Paolo Cau (Archivio storico), Giancarlo Zichi (Curia) e Salvatore Spada (Intergremio), in base a una serie di argomentazioni di carattere storico, avevano ritenuto poco consone a una comunità gremiale.

Dopo la travagliata vicenda che a pochi giorni dalla Festha Manna aveva trovato una soluzione amara per il gremio guidato da Massimo Pintus, il sodalizio ha ora deciso di rompere gli indugi e, senza alcun intento polemico, di riappropriarsi da subito di quella identità che è parte integrante della sua storia.

A cominciare dalla denominazione che da sempre caratterizza la compagine devota alla Vergine della Mercede. Il gremio rimarca infatti che l’unico nome con il quale il sodalizio intende identificarsi è quello di “Arcigremio della Mercede”, nato come gremio già dalla sua costituzione nell’Ottocento.

Non è tutto, la compagine tiene anche a precisare che «non apporterà alcuna modifica al vestiario che tramanda immutato da oltre trent’anni in quanto elemento identificativo, come ribadito anche di recente dall’autorità ecclesiastica».

Troppo importante per i gremianti della Mercede quel mantello bianco con il quale hanno partecipato alle ricorrenze che da sempre, nel corso dell’anno, scandiscono la vita di una comunità gelosamente attaccata alla tradizione. A qualche giorno dalla celebrazione della festa patronale che, tra l’altro, sancirà la prima partecipazione ufficiale di monsignor Gian Franco Saba come arcivescovo turritano, l’arcigremio della Beata Vergine della Mercede rimarca a chiare lettere di «non essere disposto a barattare la propria identità per partecipare alla festa dei candelieri, ma qualora si dovesse, un giorno, riaprire il caso tutto dovrà essere fatto nel pieno rispetto della fisionomia e dell’identità del gremio e pertanto si ritiene anche superflua ogni forma di monitoraggio».

L’iniziativa non esclude la possibilità di tornare sulla vicenda, non è quindi una chiusura netta, ma certo costituisce un taglio rispetto a quanto fatto e detto finora e sicuramente consente ai componenti del sodalizio di partecipare alle prossime ricorrenze con animo sereno. Non è detto, insomma, che qualche soluzione che accontenti tutti alla fine si possa trovare.

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