La Nuova Sardegna

Sassari

«Non ci sono prove ma solo ipotesi, Manca va assolto»

di Gianni Bazzoni

La richiesta dell’avvocato Pierluigi Concas per l’imputato Lunedì la sentenza d’appello per il sequestro Pinna-bis  

07 ottobre 2017
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SASSARI. «Giovanni Maria Manca deve essere assolto perché non è stata raggiunta la certezza della prova. Non si può dire che sia colpevole sulla base di ipotesi, e che altri siano già stati condannati a me non interessa (il riferimento è ad Antonio Faedda, 46 anni di Grosseto ma residente a Giave, per il quale due mesi fa la corte d’appello ha confermato la sentenza di condanna a 25 anni, ndc)». Così l’avvocato Pierluigi Concas, difensore di “Mimmiu” Manca, l’allevatore di 55 anni di Nuoro, ma residente a Bonorva, a conclusione dell’arringa durata circa due ore e mezza nel processo d’appello per il secondo filone dell’inchiesta per il sequestro dell’allevatore di Bonorva Titti Pinna.

Il penalista cagliaritano - rivolgendosi al presidente del collegio Mariano Brianda (a latere Marina Capitta) e ai giudici popolari - ha anche chiesto in subordine il riconoscimento delle attenuanti generiche per il suo assistito, soprattutto in relazione al ruolo di Salvatore Atzas - condannato in via definitiva a 30 anni di reclusione e considerato secondo la sentenza il principale protagonista oltre che il carceriere di Titti Pinna nell’ovile di “Su Padru” a Sedilo - : «Manca non può essere equiparato ad Atzas – ha concluso l’avvocato Concas – perciò chiedo, in subordine, l’applicazione di una pena equa che tenga conto anche dei precedenti penali scarsamente rilevanti dell’imputato». Il processo è stato aggiornato a lunedì mattina alle 9,30 per le eventuali repliche della procuratrice generale Maria Gabriella Pintus (che ha già chiesto la condanna a 28 anni) e della difesa, poi i giudici si riuniranno in camera di consiglio per la sentenza.

Nel suo intervento, l’avvocato Concas si è soffermato in particolare sui “tempi del sequestro”, sulle telefonate di Giovanni Maria Manca, sul Kangoo (il mezzo che sarebbe stato utilizzato - secondo l’accusa - per il trasporto dell’ostaggio fino all’ovile di “Lochele” dopo il primo cambio macchina). Ma ampio spazio dell’arringa è stato anche dedicato al testimone chiave Carlo Cocco (considerato come inaffidabile) e stesso trattamento è stato riservato a padre Pinuccio Solinas (sarebbe lui secondo gli investigatori a indicare Manca come la persona che lo mette in contatto con i banditi): «Uno che si contrappone alle forze dell’ordine, anzi vuole dimostrare di essere più bravo di loro. Una persona dal comportamento ondivago e contradditorio, con eccessi di protagonismo che tende a proporsi come il risolutore: totalmente inaffidabile».

Ha parlato della teoria della “coperta corta” l’avvocato Concas. «Se si copre l’orario dell’uscita di casa di Titti Pinna (alle 15,30) il giorno del sequestro, si scopre quella delle 18,04 dall’ovile di Lochele quando l’ostaggio chiama la sorella per chiedere di pagare 300mila euro». Per il legale i tempi non tornano e giunge alla conclusione che «le telefonate contestate a Manca non hanno niente a che fare con il sequestro. Altrimenti perché l’imputato dovrebbe usare il cellulare della figlia per chiamare Faedda a fine giornata: se aveva qualcosa da nascondere chiamava da una cabina». Sul Kangoo in uso a Manca, il legale ha sottolineato che la mancanza di un esperimento tecnico consente di dire «che non vi è certezza che il mezzo sia stato utilizzato per il sequestro». Una lunga analisi per concludere che «con le ipotesi non si condannano le persone».

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