La Nuova Sardegna

Sassari

Processo per la morte di Erittu, il perito: «Non fu un suicidio»

di Nadia Cossu
Processo per la morte di Erittu, il perito: «Non fu un suicidio»

Il medico legale Lafisca (incaricato dalla corte) ha escluso che il detenuto si sia strangolato con la striscia di coperta

14 ottobre 2017
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SASSARI. Di nuovo c’è che in un punto della striscia di coperta che sarebbe stata utilizzata per simulare il suicidio di Marco Erittu c’era il Dna di quest’ultimo. «Un risultato quasi del tutto ininfluente – scrive il perito – Dimostra infatti esclusivamente che la striscia ha toccato un punto del corpo di Erittu sul quale vi era materiale ematico». Non dimostrerebbe, in sostanza, che il detenuto si è suicidato strangolandosi con la striscia di coperta perché in quel caso «il materiale ematico sarebbe stato di maggiore quantità».

La perizia. È durata diverse ore la discussione della perizia del medico legale Sergio Lafisca incaricato dalla corte d’assise d’appello di Sassari di accertare le cause della morte di Marco Erittu, il detenuto trovato senza vita nella sua cella di San Sebastiano il 18 novembre del 2008. Una perizia che avrebbe dovuto chiarire se Erittu si sia suicidato o se invece sia stato ucciso. E permettere di conseguenza ai giudici di stabilire se i tre imputati di omicidio, assolti in primo grado per non aver commesso il fatto, siano colpevoli o innocenti.

Non fu un suicidio. Lafisca nella sua relazione ha concluso che la causa della morte «è stata inequivocabilmente un’asfissia meccanica violenta avvenuta mediante un’azione costrittiva del collo». Fa un lungo elenco di ipotesi per arrivare poi a concludere che «sono tutte incompatibili con una meccanica suicidaria con la striscia di coperta o con mezzi diversi dalla coperta stessa che non siano stati, per motivi a me ignoti, rinvenuti nella cella». Si intuisce quindi che il medico legale opta più per l’omicidio considerato che non sono stati trovati nella cella «strumenti in grado di spiegare il suicidio».

A febbraio il colpo di scena. Lo scorso febbraio la corte d’assise d’appello era uscita dalla camera di consiglio non con una sentenza – come tutti si aspettavano – ma con un’ordinanza che disponeva la rinnovazione parziale dell’istruttoria dibattimentale. L’obiettivo della corte presieduta da Plinia Azzena era quello di chiarire attraverso la perizia come fosse morto Marco Erittu. Un caso che inizialmente era stato archiviato come suicidio, fino alle dichiarazioni del pentito Giuseppe Bigella che, autoaccusandosi del delitto, aveva chiamato in correità tre persone, finite poi a processo con l’accusa di omicidio in concorso. Altre due erano invece imputate di favoreggiamento. In primo grado, il 23 giugno del 2014, erano stati tutti assolti.

Gli imputati. Giuseppe Vandi, Nicolino Pinna (entrambi ex detenuti) e Mario Sanna (agente di polizia penitenziaria) assolti dall’accusa di omicidio volontario in concorso e (sempre in relazione all’omicidio Erittu) gli altri due imputati Giuseppe Sotgiu e Gianfranco Faedda (in servizio come agenti a San Sebastiano) dall’accusa di favoreggiamento. Il pm Giovanni Porcheddu aveva chiesto l’ergastolo per i primi tre e una condanna a quattro anni per gli altri. Nelle motivazioni, i giudici della corte d’assise avevano spiegato che l’istruttoria dibattimentale non aveva «consentito di acquisire, oltre alle dichiarazioni auto ed etero accusatorie di Bigella, elementi idonei dotati di un minimo di certezza tali da far ragionevolmente ritenere che la morte di Erittu sia da ricondurre a un omicidio piuttosto che a un suicidio, così come concluso nelle prime indagini del 2007».

L’appello. Di parere diverso i sostituti pg Sergio De Nicola e Gian Carlo Moi che due anni fa avevano presentato appello contro quella sentenza: 244 pagine al termine delle quali chiedevano alla corte d’assise d’appello di «disporre la parziale rinnovazione del dibattimento con l’espletamento di un’altra perizia medico legale sulla causa della morte e un accertamento tecnico sulla striscia di coperta in sequestro per la ricerca di tracce biologiche e l’estrazione del Dna per l’attribuzione alla vittima». Il processo è stato aggiornato all’11 dicembre.



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