La Nuova Sardegna

Sassari

Solo i giovani e i servizi pubblici salveranno i piccoli comuni

Stefano Sotgiu
Uno scorcio di Semestene
Uno scorcio di Semestene

L'OPINIONE - Lo spopolamento si vince rendendo vivibili i paesi. Reti sovracomunali per trasporti, istruzione e sanità

14 ottobre 2017
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Nei piccoli comuni rurali, sotto i 5.000 abitanti, in Italia vivono circa dieci milioni di persone. Sono comuni che occupano una porzione importante del nostro territorio, quasi il 60%. I piccoli centri, ormai è noto, attraversano da diverso tempo una crisi multifattoriale: economica, sociale, culturale. Tutto questo si scarica sulla perdita di abitanti, sull’invecchiamento della popolazione, sulla perdita di dinamismo. In Sardegna questo fenomeno è molto sentito. 280 comuni su 377, situati nelle aree più interne dell’Isola, vivono una situazione di malessere demografico e fra questi 31 sono a rischio estinzione.

Intorno al fenomeno nascono movimenti culturali che spingono verso l’adozione di provvedimenti specifici. Si arriva così alla proposta ed all’approvazione di leggi che mettono al centro la questione dell’Italia dei comuni di minori dimensioni. In realtà quest’attenzione non è nuova, soprattutto nelle politiche di sviluppo e di quelle rurali in particolare. Dai primi anni ’90, tutte le aree rurali del nostro Paese, classificate secondo specifici criteri, sono “bersaglio” di politiche specifiche. Di recente lo Stato italiano ha adottato una strategia nazionale specifica, la Strategia Nazionale per le Aree Interne (Snai) che ha il suo corrispettivo regionale in altre strategie a base regionale e che vede alcune aree del territorio sardo interessate ad una sperimentazione. I risultati di queste politiche, attraverso le quali sono state spese risorse non indifferenti in decenni di programmazione, non sono chiari né univoci. Nessuna valutazione seria ed approfondita è mai stata realizzata né resa pubblica e condivisa. Se da un lato non è facile invertire una tendenza così forte come quella dello spopolamento e del declino socio-economico dei piccoli comuni, dall’altro è diffusissima la sensazione che le politiche di sviluppo rurale siano state ampiamente inefficaci. Velleitari, “sloganizzati” gli obiettivi, burocratizzata la programmazione e la gestione, assente un reale coinvolgimento delle comunità locali nel rilancio del proprio territorio, alle politiche di sviluppo rurale serve un forte ripensamento, una sferzata d’innovazione.

Per quanto riguarda la Snai, l’idea che la guida, e cioè che ai piccoli comuni occorra un forte intervento statale e regionale nel campo dei servizi pubblici essenziali, è piuttosto antica nell’analisi delle politiche di sviluppo e, francamente, che si arrivi oggi solo ad una sperimentazione di questo nuovo approccio pare decisamente ritardatario. La nuova legge nazionale punta in questa direzione e fa di questo uno dei punti centrali, di maggiore interesse. Stato, Regioni, enti locali possono lavorare a costruire una rete innovativa di servizi pubblici essenziali di carattere sovracomunale in diversi settori nevralgici, primi fra tutti quello dei trasporti, dell’istruzione, della sanità, del digitale, della cultura. Molto interessanti appaiono anche le norme che tendono a favorire i mercati dei prodotti a chilometro “utile” (70 chilometri dal luogo di consumo o a limitato apporto di emissioni inquinanti), che tendono a potenziare le già esistenti norme sul consumo sostenibile nelle mense collettive pubbliche. Ancora, le norme sulla riqualificazione dei centri storici, di immobili dismessi, quelle sulla nascita di forme di albergo diffuso, già sperimentate con successo in alcuni centri sardi, il riuso di infrastrutture dismesse come quelle ferroviarie - tratte e stazioni - per circuiti turistici.

A questo va aggiunta in Sardegna la norma regionale che riconosce la Rete dei borghi come elemento distintivo dell’offerta dell’Isola, recependo un lavoro molto importante e tenace svolto negli anni dai Borghi Autentici d’Italia, portatori di un’idea innovativa di modello di sviluppo per i piccoli comuni e da altre reti operanti sul territorio in campo più specificamente turistico come i Borghi più belli ed il circuito delle Bandiere arancioni. Provvedimenti utili ed attesi, insomma. Provvedimenti che, nonostante una dotazione finanziaria ancora insufficiente, incoraggiano i piccoli comuni ad andare avanti. Ma la vera sfida ancora non è vinta. Le élite lungimiranti che hanno proposto e reso concreti questi provvedimenti devono riuscire a trascinare con sé chi abita i piccoli centri. Se si deve essere davvero sinceri, questo è avvenuto in misura insoddisfacente. Solo da una rigenerata dimensione critica delle energie locali, in particolare di quelle giovani, potrà arrivare un concreto cambio di prospettiva. Come sempre, lavorare con qualità istituzionale, in modo partecipativo, semplificato, trasparente, condiviso e conosciuto da tutti, farà la differenza.


 

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