La Nuova Sardegna

Sassari

S’Aspru: 35 anni in trincea per salvare migliaia di vite

di Mario Bonu
S’Aspru: 35 anni in trincea per salvare migliaia di vite

Si è celebrato a Siligo l’importante anniversario per la comunità di recupero Le testimonianze di chi ci ha vissuto e il grazie di tutti al fondatore padre Morittu

17 ottobre 2017
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SILIGO. L’ha vinta la scommessa di S’Aspru, padre Morittu. Anzi, l’ha stravinta, se nel 35° anniversario della sua fondazione, gli stessi amministratori comunali che all’inizio lo contrastarono, perché su quella collina volevano farci un albergo con molte stelle, con piscina e campi da tennis, si dichiarano orgogliosi di quella comunità. Ma l’ha stravinta soprattutto perché S’Aspru ha saputo dare una nuova speranza a centinaia di giovani - oltre duemila, comprese le altre comunità di padre Morittu - che avevano perso la loro anima nei meandri delle sostanze e delle dipendenze. Fino a diventare - è il caso di Marco Ladu, attuale direttore di S’Aspru - artefici del proprio destino, e punto di riferimento per i nuovi arrivati impigliati anch’essi nelle maglie delle droghe. È stato una sorta di flash back lungo 35 anni, l’incontro comunitario che ha fatto seguito alla messa presieduta dal nuovo arcivescovo di Sassari, monsignor Gianfranco Saba. Il ripercorrere una lunga strada costellata di successi, certo, ma segnata anche da enormi difficoltà, sofferenze, tragedie, che hanno segnato nel profondo i cuori degli operatori e degli ospiti, e che spesso si sono trasformate in nuovi segni di speranza. Come quella raccontata da colei che resse la comunità per vent’anni, Sandra Buondanno: la morte per Aids di Marco, il rifiuto risoluto della famiglia a riprenderne il corpo nel paese d’origine e Siligo che seppe compiere un gesto di altissima umanità, accogliendo Marco nel proprio cimitero.

Ma sono state innumerevoli e di straordinario impatto emotivo, le testimonianze di coloro che a S’Aspru sono passati in questi 35 anni, da ospiti o da operatori.

«Ero uno dei primi sei che il 22 maggio 1982 approdò a S’Aspru, con tante paure ma anche molte speranze - ha raccontato Sandro Mureno - non eravamo di certo “farina de fagher ostias”, ma Salvatore (Morittu) era sempre là, attento, premuroso, disponibile. E qua c’è stata la mia rinascita come uomo». Elisabetta Caria entrò in comunità col suo bambino. «Mi sono innamorata subito di questo posto - ha detto - nonostante l’aspetto decadente, gli enormi lavori che c’erano da fare. E da qua, grazie anche alla solidarietà dei silighesi è iniziata la mia nuova vita». Ma non erano tutte rose e fiori, evidentemente. «C’era lo scontro, c’era la lotta - ha detto Sandra Buondanno - abbiamo fatto l’esperienza della morte, della fatica, ma insieme anche quella dell’amore e della rinascita. Perché la comunità è una famiglia, e della famiglia condivide tutte le esperienze, positive e negative». E Jonatha, “figlio di S’Aspru”, perché dentro la comunità c’è nato, e lì ha trascorso la sua infanzia, con Salvatore Morittu a far da padre e da punto di riferimento anche dopo, quando la vita gli ha imposto il grande dolore della perdita della madre e del fratello. Ma anche, di nuovo, la rinascita, col padre francescano che ne celebra il matrimonio.

E poi, i sindaci: Gianni Rassu, assessore nel 1982, fautore del “progetto albergo”, e poi sindaco per 15 anni. «Gli inizi non furono facili - ha ricordato - la gente aveva paura dei tossici sull’uscio di casa. Poi i silighesi hanno capito». Mario Sassu, il sindaco in carica, ha ricordato che la proprietaria della villa, donna Annunziata Vivanet, voleva farne una struttura per accogliere le persone bisognose, ed ha parlato di «un percorso di 35 anni eccezionale».

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