La Nuova Sardegna

Sassari

L’odio sulla Rete e il senso di impotenza

Manolo Cattari
L’odio sulla Rete e il senso di impotenza

I web haters: persone che si sentono trasparenti e alimentano il risentimento che può trasformarsi in aggressività

24 ottobre 2017
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SASSARI. Una carrellata di insulti commentano il post di Paolo Fresu, in cui il musicista dichiara di aderire al digiuno per lo Ius Soli. Una riflessione psicologica di quanto accaduto fa pensare che come per gli adolescenti, la rabbia dei “leoni da tastiera” nasconde il bisogno di affermare la propria autonomia, la propria identità e la ricerca di nuovi riconoscimenti e ruoli sociali. Perciò le offese e le esplosioni di odio raccontano di persone che apparentemente godono e si sfogano “vittimizzando” gli altri, ma a ben vedere sono manifestazioni di disagio e sono sostanzialmente delle richieste di ascolto e aiuto. I motivi alla base di un simile attacco di rabbia sono legati ad una bassa stima di sé e di conseguenza alla difficoltà di affermarsi con l’altro. In questo senso l’aggressività è legata all’impotenza di gestire le proprie emozioni di fronte a situazioni complesse: quando non si ha la capacità o la possibilità di esprimere i propri bisogni ci si sente piccoli, inadeguati e impotenti. Fondamentalmente dipendenti dagli altri.

Al dolore del sentirsi trasparenti può aggiungersi il risentimento, che si incrementa e alimenta con il ripetersi di situazioni in cui non si è in grado di affermarsi e non ci si sente rispettati e riconosciuti per il proprio punto di vista. Quindi collezionando frustrazioni si alimenta il risentimento che può trasformarsi in pura e semplice aggressività. Una storia da Web Haters (odiatori) può e essere quella di un individuo sottomesso dai propri conoscenti, che su internet sfoga la rabbia repressa che probabilmente nasce prima di tutto da se stesso, per non essere, per l’ennesima volta, riuscito a reagire o a dire la sua. Non solo su argomenti complessi come lo Ius Soli.

Il web per questo tipo di persone assume le sembianze di un grande contenitore in cui le regole del buon senso o semplicemente del vivere comune si dissolvono in uno spazio in cui poter vomitare tutto ciò che passa per la mente. O per dirlo con le illuminanti parole dello psicologo Lingiardi: “L’odio è sempre figlio di un disturbo o un disagio e i social network spesso funzionano come luoghi di evacuazione delle proprie scorie psichiche”. Le “evacuazioni” di questo tipo sono ovviamente stereotipate, perciò sono semplificazioni della realtà. Per questo a un post di un jazzista trombettista non ci si può che aspettare un insulto sulla tromba: “Si mangiasse la tromba” scrive G.V. per citare qualcosa che si possa riportare su un giornale. Da un’evacuazione stereotipata non ci si può aspettare creatività. La creatività è non a caso dell’artista, che risponde a tono creando la sua “Top Postinsultiiusoli”. Insomma per capire il carico di rabbia e di odio di chi ha commentato la foto di Fresu c’è poco da fare… bisogna pensare all’impotenza degli autori.


 

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