La Nuova Sardegna

Sassari

La Sardegna impari l'autonomia dal Trentino Alto Adige

Domenico Canu
Il bacino dei fanghi rossi a Portoscuso
Il bacino dei fanghi rossi a Portoscuso

INTERVENTO - Noi servitù in tutta l’isola, loro un solo centro telecomunicazioni Usaf pur essendo terra di confine. E altri esempi tra turismo, ambiente, energia e istituzioni

07 novembre 2017
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Repetita iuvant. Quale sviluppo si sta prospettando in questo 2017 e negli anni a venire nella nostra amata Isola? Da anni si dibatte su riforme che riguardano la sanità, la gestione del territorio, il turismo e i trasporti ma cambiano gli interpreti e nulla di nuovo accade; i benefici di cui la Sardegna gode attualmente nel turismo sono dovute ai mali altrui e sul resto poco si muove.

a) L’ultimo episodio in campo di opere per il bene della in Sardegna è l’approvazione del progetto di ampliamento del molo militare dell’isola di Santo Stefano per poter permettere l’attracco della portaerei Cavour, ammiraglia della flotta della Marina militare, 290 metri, 30mila tonnellate, con una spesa prevista di 5 milioni di euro. Ciò avviene nell’area protetta, nel parco marino, nel cuore dello sviluppo turistico. Cosa si protegge? La riconversione delle basi di La Maddalena è stata un’illusione, una promessa ed un fallimento; ora si aggiunge e si impone questa nuova creazione sul territorio di Santo Stefano. Scelta “necessaria e urgente”, come ripetono da anni i vari governi italiani.

b) Nel febbraio di quest’anno la Regione, con tutti i suoi assessorati, insieme ai ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, gli enti locali territoriali e i sindacati, firma un protocollo d’intesa per l’ammodernamento dell’Eurallumina/Rusal con l’espansione delle superfici e volumi destinati ai fanghi rossi, che non sono certo fanghi termali. Ciò comporta anche la realizzazione di una nuova centrale a carbone, inquinante, in un’epoca in cui gli stessi cinesi, i più grandi produttori del minerale, ne stanno riducendo gli impianti. Il “prezzo dello sviluppo”, secondo il nostro responsabile regionale per l’industria.

c) Altra fonte di sviluppo e occupazione risulta l’ampliamento della fabbrica di bombe Rwm in quel di Domusnovas; nuovi impianti e nuovi posti di lavoro. Anche su ciò il vento è a favore, si parla di economia e posti di lavoro, anche qui in campo militare, quel settore che continua a essere fonte di sfruttamento di territorio sardo e profitto per il governo, tramite l’affitto delle strutture e infrastrutture militari del poligono del Salto di Quirra, di Capo Frasca e di capo Teulada ad altri Paesi e a privati per la sperimentazione di nuovi armi. Realizzando queste scelte “strategiche” dove vogliamo andare? Se analizziamo scelte e indirizzi a livello locale la musica non cambia; troppi sono gli esempi di decisioni che si sono rivelate sbagliate o si annoverano tra le opere incompiute; questo vuol dire che non sono solo i soldi che mancano, bensì la responsabilità e la capacità di scegliere per il bene comune e non di pochi. Inutile elencare gli esempi che purtroppo ogni città o paese possiedono. Spicca su tutte la diga di Cumbidanovu a Orgosolo, da 30 anni cantiere immobile; particolarmente quest’anno abbiamo appreso quanto sia più importante delle opere su citate. Perché non vogliamo promuovere sviluppo in altri settori? Turistici per esempio e non militari o industriali inquinanti.

Che si apprendano le politiche autonome che pratica il Trentino Alto Adige, terra di confine eppure, militarmente, con un solo centro di telecomunicazioni dell’Usaf, quell’ente che ci ha lasciato nel 1993 in eredità la stazione sul Limbara, autentico scempio nel territorio. Ma dal Trentino Alto Adige oltre che sul turismo, si possono acquisire e mettere in pratica azioni sulle energie rinnovabili, sull’agricoltura e sulla salvaguardia dell’ambiente. Si parla quotidianamente di autonomia e indipendenza. Se non siamo riusciti in quasi 70 anni ad applicare un’amministrazione regionale autonoma, come è possibile parlare di indipendenza? Come disse Lussu autonomia è maggiore democrazia, perché mette a contatto più immediato e più diretto il popolo con i propri rappresentanti. Ciò non è mai avvenuto consapevolmente; sempre in Trentino Alto Adige in consiglio regionale su 70 eletti 49 rappresentano partiti autonomi. Non è una provocazione sostenere che l’autonomia è morta con la sua istituzione nel 1948, dimenticando Tuveri e Asproni, il periodo giudicale e la stessa civiltà nuragica.

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