La Nuova Sardegna

Sassari

Mondo X, 20 anni in prima linea

di Vincenzo Garofalo
Mondo X, 20 anni in prima linea

La Casa famiglia per malati di Aids è l’unica in Sardegna. Padre Morittu: «Non abbassiamo la guardia»

08 novembre 2017
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SASSARI. L’anno prossimo saranno vent’anni. Dal 1988 l’associazione Mondo X Sardegna accoglie nella Casa famiglia Sant’Antonio Abate, a Sassari, i malati di Aids.

Li assiste, li cura, li coccola garantendo loro tutta l’assistenza sanitaria, psicologica e spirituale di cui hanno bisogno. Dà loro una vera e propria famiglia dove imparare a convivere con la malattia e con gli altri.

Unica struttura del genere in Sardegna, la Casa famiglia Sant’Antonio Abate può ospitare dodici persone, e dall’88 a oggi, non ha mai avuto posti liberi: «Forse la Sardegna non se n’è accorta, ma a causa dell’Aids abbiamo perso due generazioni di giovani», dice padre Salvatore Morittu, il frate francescano che nel 1980 ha fondato Mondo X Sardegna. «Lo so che a molti è passato inosservato, ma io ho consumato i brani del vangelo per celebrare i funerali di questi ragazzi», sottolinea senza specificare la contabilità della tristezza e del dolore.

In questi vent’anni padre Morittu ha visto cambiare la malattia e la percezione che la società civile ha dell’aids. Ha assistito ai cambiamenti dal capezzale degli ammalati, li ha visti negli occhi lucidi dei famigliari, li ha sentiti negli abbracci di madri e padri affranti dalle perdite. «Negli anni Ottanta l’aids era un male che riguardava i tossicodipendenti e gli omossessuali. Adesso non ci sono più categorie più o meno esposte, tutti possono assumere comportamenti che espongono al rischio del contagio. Nelle nostre comunità dove aiutiamo i tossicodipendenti a riacquistare una vita normale, in questo momento abbiamo un solo ospite sieropositivo».

Eppure l’allarme attorno all’ Aids sembra essere calato nella percezione comune: «questo è un aspetto pericoloso. Il fatto che le cure mediche abbiano allungato la vita degli ammalati, ha fatto percepire la malattia come meno grave, meno incombente, e questo, soprattutto fra le nuove generazioni che non hanno conosciuto l’esplosione dell’Aids negli anni Ottanta, può condurre ad abbassare la guardia, e questo non deve succedere».

E il primo a non sottovalutare la pericolosità dell’Aids e l’importanza di una assistenza adeguata per le persone sieropositive è proprio padre Salvatore Morittu. Da decenni a contatto diretto con il dramma della tossicodipendenza e con la malattia, si direbbe che sull’argomento sa tutto quello che c’è da sapere. Eppure partecipa in prima fila al seminario nazionale “Storie di cronica… evoluzione?” che si sta svolgendo proprio nelle sale della Casa famiglia di piazza Sant’Antonio e al quale partecipano operatori di una cinquantina di Case famiglia di tutta Italia.

Ascolta attentamente le parole dell’antropologo Felice di Lernia e prende appunti sul suo quaderno come uno studente di primo pelo. «C’è sempre da imparare», dice con un sorriso gentile sulle labbra, alla prima pausa dei lavori. «Questo seminario è molto importante perché ci riporta al motivo che ci ha spinto a creare questa Casa famiglia: un tetto sulla testa è prezioso, ma non è sufficiente a determinare la felicità di una persona».

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