La Nuova Sardegna

Sassari

Pesci alla diossina, il caso alla Consulta

di Nadia Cossu
Pesci alla diossina, il caso alla Consulta

Martedì a confronto Eni e Governo sul raddoppio dei termini di prescrizione. La decisione determinerà le sorti del processo

19 novembre 2017
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SASSARI. Il caso dei pesci alla diossina approda in Corte Costituzionale. Martedì a Roma ci saranno due parti a confronto: il colosso Eni e la Presidenza del Consiglio dei ministri.

Al centro della discussione davanti alla Consulta c’è la questione di costituzionalità sollevata dagli avvocati difensori di Eni sul caso dei pesci alla diossina e dell’inquinamento del tratto di mare davanti allo stabilimento del Petrolchimico di Porto Torres. E la Corte Costituzionale è chiamata a stabilire se il disastro colposo contestato ai manager Eni è prescritto oppure no. Nel primo caso l’inchiesta verrà chiusa, nel secondo gli atti torneranno al gup.

L’inchiesta. Bisogna fare un passo indietro e spiegare perché la difesa di Eni è arrivata a questo. Tre anni fa il giudice Carla Altieri aveva prosciolto dalle accuse di avvelenamento e disastro ambientale colposi – «per intervenuta prescrizione» – gli imputati Gianfranco Righi, Guido Safran, Diego Carmello, rispettivamente rappresentanti legali (all’epoca dei fatti) della Syndial, della Sasol e della Ineos e Francesco Maria Apeddu direttore dello stabilimento Ineos. Ma l’allora procuratore della Repubblica di Sassari Roberto Saieva aveva presentato ricorso per Cassazione sostenendo che il disastro colposo non fosse in realtà prescritto. Il giudice Altieri aveva stabilito che dovesse ritenersi inapplicabile – nel caso in questione – la disciplina introdotta nel 2008 relativa al raddoppio dei termini di prescrizione per quel tipo di reato. Ma nel suo ricorso Saieva aveva fatto notare che quella norma non era entrata in vigore nel 2008 bensì l’8 dicembre del 2005. E quindi prima della consumazione del reato contestato agli imputati.

La Cassazione. La Suprema Corte ha però accolto l’eccezione degli avvocati Arru e Simoni: l’articolo 157 non è conforme alla Costituzione nella parte in cui prevede il raddoppio del termine di prescrizione per una serie di reati tra cui il disastro colposo. In particolare, gli avvocati della difesa avevano richiamato una sentenza della Corte costituzionale secondo cui non è accettabile che «l’ipotesi di reato meno grave resti soggetta a un trattamento molto più rigoroso con inevitabile violazione dei principi di eguaglianza e ragionevolezza». Un crimine commesso intenzionalmente non può ricevere lo stesso trattamento di quello meno grave causato per colpa. E agli stessi principi di ragionevolezza si erano appellati gli avvocati Arru e Simoni per quanto riguarda il disastro doloso e colposo che si prescrivono – per effetto di quella norma – entrambi nello stesso periodo determinando «una palese anomalia».

Il caso di Torino. I legali hanno citato come esempio un caso accaduto a Torino nel 2014. La Corte Costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 157 nella parte in cui prevedeva il raddoppio dei termini di prescrizione per il reato di incendio colposo (che rientra, come il disastro colposo contestato a Eni, nelle fattispecie previste dall’articolo 449 del codice penale). In quel caso il gup di Torino rilevò che mentre il reato di incendio doloso «si prescrive in 7 anni», in quello colposo il termine matura «in dodici anni, risultando quindi largamente superiore a quello previsto per l’incendio doloso». Per i giudici costituzionali, in sostanza, la modifica normativa in questione «ribalta la scala di gravità dei due reati: l’ipotesi meno grave resta soggetta a un trattamento molto più rigoroso con inevitabile violazione dei principi di eguaglianza e ragionevolezza»

Il Governo. L’Avvocatura dello Stato non è dello stesso avviso: «La scelta legislativa di prevedere per il reato di disastro colposo lo stesso termine prescrizionale previsto per il reato di disastro ambientale innominato è giustificata dal crescente allarme sociale generato dai delitti colposi di danno ambientale». E ha aggiunto che «la previsione dei medesimi termini prescrizionali per i due reati è frutto di una scelta fondata su valutazioni discrezionali del legislatore, insuscettibili di essere sindacate dalla Corte costituzionale».

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