La Nuova Sardegna

Sassari

L’Inps cala la mannaia su quattro sedi del Nord Sardegna

di Giovanni Bua
L’Inps cala la mannaia su quattro sedi del Nord Sardegna

A rischio chiusura Alghero, Thiesi, Ozieri e Tempio. Il presidente del comitato provinciale Farina: sarebbe un grave errore

27 novembre 2017
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SASSARI. Diventano sempre più chiari i contorni di un piano che si annuncia senza ritorno. Ennesimo passo indietro dello Stato dai territori, con Roma che si ostina, ogni volta che mette in piedi un progetto di razionalizzazione dei costi, a considerare la Sardegna come se fosse il Piemonte o l’Emilia. In barba alle distanze, la qualità delle strade, la composizione della popolazione, il disagio sociale di intere comunità, per cui questi pezzi di uno Stato che vuol fuggire via spesso sono gli unici rimasti.

Niente che sembri riguardare l’Inps, che pure eroga pensioni agli anziani, assegni di invalidità, redditi di inclusione, oltre a circa 400 altri servizi. Ma, per fare un po’ di cassa nei suoi sconfinati conti, ha deciso che 18 delle 26 sedi regionali non rispettano i parametri decisi nel piano nazionale della razionalizzazione della struttura delle agenzie territoriali. E che, per raggiungere maggiori economie di scala e di scopo, considera poco produttive le agenzie con un bacino di utenza di meno di 60mila abitanti e meno di 10 dipendenti. Numeri che, calati nel nord dell’Isola, vorrebbe dire porte chiuse nelle sedi di Alghero, Thiesi, Ozieri e Tempio.

Il loro destino sarebbe quello di trasformarsi in “punti Inps”, una sorta di sportello d’ascolto a operatività ridotta o meglio, come lo definisce l’Inps nella sua «proposta per un’evoluzione del ruolo dell’agenzia», a «operatività differenziata».

Un piano che da qualche settimana agita tutta l’Isola, con i territori che fanno la conta dei tagliati e dei salvati, il Pd che ha messo in piedi una mozione con prima firmataria la consigliera regionale nuorese Daniela Forma (lì rischiano di saltare Macomer, Siniscola, Sorgono, Gavoi e Lanusei) e sottoscrizione di tutti i capigruppo di maggioranza e di un gruppo bipartisan di consiglieri regionali, che chiede al presidente Francesco Pigliaru di intervenire con il governo. E gli stessi presidenti dei comitati provinciali dell’Inps che iniziano con sempre maggiore decisione a mettere sul piatto i loro dubbi.

Tra loro non manca Alberto Farina, una lunga storia dentro la Cisl, proveniente dall’esperienza metalmeccanica di Porto Torres prima e dal settore turismo, commercio e terziario poi, ed eletto nel 2014 presidente della commissione provinciale dell’istituto previdenziale in rappresentanza dei lavoratori dipendenti.

«Non possiamo smantellare i presidi nel territorio – sottolinea Farina – anche per il tipo di servizio che un ente come l’Inps eroga. Parliamo di pensioni, di reddito d’inclusione, di sostegno alle fasce più deboli della popolazione. Persone che, più di altre, hanno bisogno di prossimità. Mi preoccupano soprattutto i territori del Goceano e dell’Anglona, che pagano un arretramento generale dello Stato. E che avrebbero oggettive difficoltà a fare riferimento alla sede di Sassari».

Difficile capire quali siano i margini di manovra. Già altre volte, in virtù delle problematiche di un territorio preda dello spopolamento e dei deficit infrastrutturali, si è riusciti a bloccare i declassamenti delle agenzie in punti di ascolto. Ma questa volta Inps e ministero sembrano fare sul serio, e se la bozza di piano di riorganizzazione entrasse in vigore non si potrebbe fare altro che applicarla.

La direttrice generale dell’istituto previdenziale Gabriella Di Michele, che da mesi “affila la mannaia”, ha garantito che per i dipendenti delle sedi declassate non ci saranno trasferimenti coatti. Davvero un pannicello caldo rispetto agli importanti disagi che comporterebbe la chiusura di quattro sedi di un’agenzia che vede in continuo aumento il numero di prestazioni erogate. Basti pensare che oltre che di pensioni e sussidi l’Inps dal 2018 si occuperà anche dell’avvio del programma di reddito d’inclusione sociale.

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