La Nuova Sardegna

Sassari

Giallo di Porto Torres, uno degli indagati ai carabinieri: «Vi aspettavo»

di Tiziana Simula
Giallo di Porto Torres, uno degli indagati ai carabinieri: «Vi aspettavo»

Cellulari e tablet dei tre giovani passati al setaccio. Gli investigatori cercano fotografie o altri filmati

29 novembre 2017
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OLBIA. Nuovi elementi a supporto delle ipotesi accusatorie seguite o altre strade investigative da percorrere. Le prime risposte per fare luce sulla terribile morte di Michela Deriu, potrebbero arrivare dall’esame dei supporti informatici sequestrati due giorni fa dai carabinieri di Porto Torres e Olbia nelle abitazioni dei tre amici della 22enne che la Procura di Tempio ha iscritto nel registro degli indagati. Cellulari, computer, tablet e pen drive sono nelle mani degli inquirenti insieme al video hard che, secondo gli investigatori, sarebbe all’origine del suicidio della giovane barista di Porto Torres. Immagini che i carabinieri cercavano praticamente dalla ore successive alla sua morte, avvenuta nell’appartamento di un’amica, alla Maddalena, nella notte tra il 4 e il 5 novembre.

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Il tecnico informatico incaricato dalla Procura esaminerà il contenuto dei supporti informatici recuperando anche ciò che è stato cancellato, scovando ogni elemento utile alle indagini. L’esame dei dispositivi sarà importante per capire se ci siano altri filmati, se siano stati diffusi e condivisi, chi siano i protagonisti di immagini o foto. Se ci siano, insomma, elementi che possano suffragare la pista seguita finora dagli inquirenti o se si debbano imboccare anche altre strade investigative. Nel frattempo, i carabinieri continuano a passare al setaccio il giro delle amicizie di Michela Deriu. Anche ieri mattina, i militari hanno sentito numerosi coetanei che conoscevano e frequentavano la ragazza. Indagini serrate, quelle portate avanti dagli investigatori, che hanno permesso in una ventina di giorni di iscrivere sul registro degli indagati tre giovani, due ragazzi di Porto Torres di 28 e 23 anni e una ragazza di 23 anni di un paese dell’hinterland, e recuperare il video che gli inquirenti ritengono sia la causa della drammatica decisione della ragazza di togliersi la vita, oppressa dalla vergogna e dalla disperazione. E probabilmente ricattata da qualcuno che la minacciava di diffondere quelle immagini, se non avesse pagato.

«Vi stavo aspettando», avrebbe detto ai militari uno dei tre giovani indagati. Chi frequentava Michela evidentemente sapeva che il cerchio di stava stringendo, sentiva il fiato sul collo degli investigatori. La Procura, che all’indomani del suicidio ha aperto un fascicolo per fare luce su una morte apparsa fin da subito misteriosa, lavora per trovare le prove dell’istigazione al suicidio e della tentata estorsione, le ipotesi più gravi collegate alla diffusione del video, e per le quali non ci sono certezze. Ma ci sono stati diversi elementi a mettere in allarme gli investigatori e a far scattare le indagini: la simulazione da parte della vittima di una rapina, a giustificare la sparizione di mille euro che Michela potrebbe aver consegnato a chi la ricattava. Quella fuga da Porto Torres, come se avesse bisogno di rifugiarsi da qualcuno o comunque di stare tranquilla e al sicuro.

E i due biglietti scritti prima di togliersi la vita: in uno chiede scusa all’amica che la ospita, nell’altro, che aveva strappato, parla del “ritorno di fantasmi del passato”. Michela aveva paura. Si sentiva minacciata.

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