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l’allarme 

Tra Bancali e Badu ’e Carros rinchiusi 27 estremisti radicali

Tra Bancali e Badu ’e Carros rinchiusi 27 estremisti radicali

Tra gli jihadisti detenuti nel carcere di Sassari il più noto alle cronache è il campione di kickboxing Abderrahin Moutaharrik, 28 anni, marocchino con cittadinanza italiana

08 dicembre 2017
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SASSARI. Tra gli jihadisti detenuti nel carcere di Bancali, a Sassari, il più noto alle cronache è il campione di kickboxing Abderrahin Moutaharrik, 28 anni, marocchino con cittadinanza italiana. Uno che sembrava perfettamente integrato: faceva l’operaio e viveva a Lecco con sua moglie, Wafa Karaichi, e i suoi due bambini. Quando si allenava in palestra, però, non pensava alla famiglia. Aveva solo un pensiero fisso in testa: «Farò saltare in aria il Vaticano». L’ordine glielo aveva dato direttamente l’Isis. Il pugile e sua moglie – insieme ad altri quattro marocchini – sono stati arrestati nell’aprile del 2016 per ordine della Procura di Milano con l’accusa di «terrorismo internazionale». Lui è stato rinchiuso nel carcere di Bancali. La moglie, invece, è a Badu ’e Carros, a Nuoro, l’unico carcere dove c’è un reparto dedicato alle donne accusate di terrorismo. A Bancali è detenuto un altro pericoloso estremista: il tunisino Bouyahia Hamadi Ben Abdul, inserito nella lista nera di Obama tra i sessanta terroristi più ricercati al mondo.

Tra Sassari e Nuoro sono 27, tra imputati e condannati, i detenuti per i reati di terrorismo, in particolare di matrice islamica, sottoposti al regime di As2 (alta sicurezza 2). Molti di loro prima di essere trasferiti in Sardegna erano detenuti nel carcere di Rossano Calabro dove ci fu lo scandalo delle scene di esultanza dopo gli attentati di Parigi e Bruxelles. «La Sardegna sta diventando la Guantanamo italiana», ha più volte protestato il deputato Mauro Pili. E i numeri sembrano dargli ragione. Su 44 arrestati per terrorismo internazionale in tutta Italia, 27 sono detenuti in Sardegna. Secondo il XIII rapporto dell’associazione Antigone (che cita il ministero della Giustizia) i detenuti islamici a rischio radicalizzazione sarebbero 365 in tutta Italia. Di questi, 165 sono «monitorati» («con condanne o precedenti di proselitismo»); 76 «attenzionati» (per atteggiamenti che fanno «presupporre la vicinanza all’ideologia jihadista», il più scontato dei quali è l’esultanza dopo gli attentati) e «124 segnalati» («per relazioni con soggetti che appartengono ai due precedenti livelli»). Ovviamente nel totale dei detenuti a rischio vanno compresi quei 44 arrestati per terrorismo internazionale, 27 dei quali si trovano in Sardegna. L’arresto di ieri dell’imam algerino che professava la jihad nel carcere di Bancali non fa che confermare quello che tutti temono: la radicalizzazione dei detenuti. Sempre secondo il dossier di Antigone i detenuti musulmani scelgono un imam tra i loro compagni di prigionia: per l’Islam può essere imam chiunque diriga la preghiera e venga eletto dagli altri.

Ma perché la maggioranza degli jihadisti è detenuta in Sardegna? Lo ha spiegato il ministro della Giustizia Andrea Orlando rispondendo a un’interrogazione del deputato Roberto Capelli. «Gli istituti della Sardegna sono strutture moderne, adatte a coniugare le esigenze trattamentali di questa tipologia di detenuti con quelle di sicurezza». «Si stipano in Sardegna terroristi islamici come si stipano i mafiosi sottoposti al 41 bis – gli ha risposto Capelli – Il governo regala all'isola un triste primato, quello di dover ospitare il gotha nazionale e internazionale del crimine e del terrorismo». (g.z.)



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