La Nuova Sardegna

Sassari

Il caso zona franca a Giave, la sindaca non cede: «Applico la legge»

Claudio Zoccheddu
La sindaca di Giave Maria Antonietta Uras
La sindaca di Giave Maria Antonietta Uras

La prima cittadina: «Abbiamo ragione noi, vedrete». Ma nel piccolo paese tutto costa come prima della delibera, benzina compresa

04 gennaio 2018
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GIAVE. C’è solo un luogo in Italia dove ieri non si discuteva il costo dei sacchetti della spesa. A Giave, paese-terrazza che domina il Meilogu, i problemi sono altri. I cittadini si arrovellano per comprendere il destino dei tributi che hanno pagato fino al 2017. Perché secondo la sindaca, Maria Antonietta Uras, il paese che conta appena 578 abitanti si è appena liberato di Iva e accise diventando la prima “zona franca al consumo” della Sardegna.

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Il paese. La residenza sarda della nuova fiscalità è lontana appena tre tornanti dalla 131. Per arrivare a Giave bisogna arrampicarsi su una collina e dopo tre chilometri si raggiunge un paesino fatto di case ben tenute, piazze curate e tanto verde. Un’oasi di pace dove si può allestire un presepe sul marciapiede della strada principale, Corso Repubblica, senza che le statuine diventino un bersaglio dei soliti vandali. Oltre al presepe, anche tutto il resto è rimasto com’era. Le sigarette costano lo stesso tanto, gli alcolici idem, il prezzo del pane non è precipitato e la benzina è stabile: costava un 1 euro e 40 nel 2017 e costa 1 euro e 40 anche nel 2018. Tasse e accise, insomma, sono rimaste al loro posto. La zona franca per adesso è rimasta su un foglio di carta di cui parlano tutti ma che hanno visto e capito in pochi.

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Il Comune. Si affaccia su Corso Repubblica, come tutto a Giave. Dentro ci sono due persone, un impiegato e la sindaca, Maria Antonietta Uras, che però è impegnata con i carabinieri di Bonorva: «Si ma non pensi male, li ho invitati per regalargli il nuovo calendario», spiega dopo aver aperto la porta del suo ufficio. Poi, inizia il racconto della vicenda che l’ha fatta diventare famosa in tutta l’isola, un racconto intervallato dai trilli del cellulare che ogni due minuti suona l’inno di Mameli: «Facciamo chiarezza però, io ho solo applicato la legge. La zona franca è prevista dalla Costituzione, come spiega meglio di me la dottoressa Maria Rosaria Randaccio del Movimento zona franca. E la mia non è un ordinanza, è una delibera in cui sono citati uno dopo l’altro i trattati e le normative che ci danno ragione. Siccome non siamo sprovveduti, prima di fare qualsiasi cosa ci siamo rivolti a degli avvocati tributaristi che ci hanno indicato al strada. Tra l’altro, non ho inventato nulla, ci sono le delibere di 240 comuni della Sardegna, tra cui quelli del Meilogu che però adesso sono spariti». Per dimostrare che tutto sia fatto a regola d’arte, la sindaca incalza ad alta voce l’impiegato che piomba in ufficio con in mano una risma di fogli freschi di stampa: «Sono due delibere, articolatissime. Una è di 15 pagine, l’altra di 25».

Le incognite. La sindaca, per quanto motivata e battagliera, conserva qualche dubbio: «Le delibere sono di fine novembre e sono state trasmesse, tra gli altri, alla Regione, alla Commissione europea e all’Agenzia delle dogane. Non ci ha risposto nessuno, come mai?». In assenza di repliche, la sindaca è decisa ad andare avanti: «Vuol dire che non hanno nulla da eccepire, giusto?». Forse. Oppure nessuno credeva che a Giave qualcuno sarebbe andato fino in fondo: «Ma non potevo fare altro – aggiunge Maria Antonietta Uras –. La Sardegna sta morendo, il mio paese sta morendo. Abbiamo una zona artigianale dotata di tutti i servizi, vicina alla 131. Eppure le aziende falliscono perché pagano troppe tasse. Io non ci sto e faccio tutto quello che posso per cambiare la rotta. La mia, alla fine, è solo una provocazione per vedere fino a che punto si può percorrere l’idea della zona franca. Quando qualcuno mi dirà di fermarmi lo farò ma almeno avrò dimostrato che la zona franca è un sogno impossibile da realizzare e penseremo ad altro».

Nell’elenco dei dubbi ce n’è uno che arrovella tutti gli abitanti, un po’ perché l’eventuale eliminazione di tasse e accise interesserebbe solo i residenti e le imprese della zona artigianale, ma soprattutto nessuno ha capito come funzionerebbero i rimborsi. Perché alla fine si tratta di questo: si paga a prezzo intero e poi si dovrebbe essere risarciti del costo delle tasse: «Al momento giusto ce lo diranno i legali – conclude la sindaca –. Per i carburanti si compila una tessera, poi vedremo».

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