La Nuova Sardegna

Sassari

Alì: «Adoro i sassaresi e i loro giri di parole»

di Manolo Cattari
Alì: «Adoro i sassaresi e i loro giri di parole»

Come ci vede un operatore culturale iracheno che vive nell’isola da 20 anni. I formalismi, il rapporto con i giovani, la storia dei tre amici e dei tre nemici...

15 gennaio 2018
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I tuoi amici sono tre e i tuoi nemici sono tre. Tra gli amici ci sono: gli amici, gli amici degli amici e i nemici dei nemici. Tra i nemici ci sono: i nemici, gli amici dei nemici e i nemici degli amici. È un detto dei capi tribù delle comunità irachene. Va riletto più di una volta per essere compreso: c’è un significato profondo, nascosto e non colto completamente che si prova solo quando si tenta di raccontare questo messaggio ad un’altra persona.

È questo il clima della tappa irachena del giro del mondo a km 0. Un incontro, di cui si coglie la reale complessità solo quando lo si racconta ad un’altra persona. E questa è anche la sensazione che provo quando cerco di documentarmi su quel che succede in quella parte del mondo: mi affascina tantissimo, ma allo stesso tempo ho la sensazione di non riuscire mai a capirla completamente.

Come il detto, Alì è essenziale, diretto e saggio. Parla in modo calmo e si sente dalle sue parole l’amore per una terra da cui evidentemente è dovuto fuggire durante il regime di Saddam. Vive in Sardegna da più di venti anni e lavora Sassari nel mondo della cultura.

«La prima cosa che mi ha colpito venendo in Italia è che usate fare molti giri di parole per non dire le cose in faccia ed evitare di offendere l’altro». Gli Iracheni non usano mezzi termini, preferiscono utilizzare opinioni dirette.

Ad esempio all’inizio del suo soggiorno una signora gli disse: «Avevo proprio voglia di vederti» e lui rispose: «Allora perché non mi hai chiamato?». La sua risposta creò un po’ di imbarazzo e Alì dovette imparare che in Italia ci sono dei modi di dire formali ed essere molto diretti può risultare offensivo e sconveniente.

Alì è innamorato della nostra cultura e gli piace la facilità con la quale creiamo relazioni. La Sardegna è stata una terra che lo ha accolto e ospitato: «Ho trovato persone che mi hanno dato il cuore». Del nostro modo di essere racconta di amare la leggerezza, anche se ammonisce: «Bisogna riconoscere il giusto valore alla pace, che in Occidente viene data troppo per scontata. In Iraq con l’Isis la pace è stata persa da un giorno all’altro».

Il concetto di pace apre una riflessione di confronto sulle due società, tra chi muore di polvere da sparo e chi di zucchero. «Sono andato via da una dittatura della persona, ma in Italia bisogna stare attenti alla dittatura economica. Nella nostra cultura ad esempio è umiliante che uno studente, magari brillante, debba chiedere una borsa studio per continuare l’università, siamo pagati per studiare! In Italia, come in occidente, invece si paga tutto. Si nasce già con un debito e tutto costa, anche un single ha paura di non arrivare a fine mese per pagare la luce, l’acqua e i servizi. Tutto si complica poi se arrivano dei figli».

Il rischio è quello di ammalarci d’ansia, che si traduce nella corsa ad accumulare cose che in realtà non servono. Secondo Alì ciò avviene prima di tutto nel modo di educare: il bambino ha tutto e quando arriva a 25 anni i genitori è come se gli dicessero: «Bene ora che ti ho dato tutto devi essere autonomo e diventare un super manager» e il ragazzo si sente perso: «Mi avete dato tutto voi ed ora come faccio ad organizzarmi da solo?».

Nell’ascoltarlo penso a mio figlio, quando fa i capricci per mangiare a colazione, nonostante i cinque tipi di biscotti a disposizione; penso ai miei 200 potenziali canali televisivi che pago, e di cui poi realmente guardo solo il telegiornale. La schiavitù della possibilità. Un esempio su tutti: con quante parole noi possiamo esprimere le sfumature dell’ansia. Agitazione, apprensione, inquietudine, irrequietudine, preoccupazione, trepidazione, affanno, afflizione, angoscia, angustia, pena, tormento, etc… In Iraq si dice Qalaq. È questa grande possibilità di scelta che ci rende liberi? Tre amici e tre nemici…

«Assalamu alikum wa rahmatu Allah wa barakatuhu» è il souvenir dall’Iraq. Letteralmente: la pace e la benedizione di Dio sia con voi.

Nel salutarlo dico: «Salutami Chiara». Alì risponde: «Salutala tu». Maledetta finta buona educazione all’italiana! Iraq 3300 km da Sassari a km 0. Per il prossimo viaggio, pensavo al Sud America.

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