La Nuova Sardegna

Sassari

Leggi razziali, eroi italiani contro l'infamia

Alfredo de Girolamo

Da Gino Bartali ai sardi Vittorio Tredici, Salvatore Corrias e Girolamo Sotgiu, molti rischiarono la vita per salvare gli ebrei in pericolo - L'OPINIONE

29 gennaio 2018
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Il 27 gennaio si celebra il Giorno della Memoria. Fermarsi e ricordare il passato, per il nostro presente e futuro. Nello stesso giorno del 1945 le truppe dell'Armata Rossa entravano nel campo di sterminio di Auschwitz, abbandonato dai tedeschi in ritirata. Al di là del cancello, oltre la scritta «Arbeit macht frei» (Il lavoro rende liberi), apparve l’Inferno. E il mondo non avrebbe più taciuto su ciò che era successo.

Quest’anno cade anche la ricorrenza di un evento che macchiò in modo indelebile la storia d'Italia: le Leggi Razziali e razziste, promulgate nel 1938, 80 anni fa. Una infame legislazione anti-ebraica voluta da Mussolini (firmata da Vittorio Emanuele III), e sostenuta biecamente da intellettuali e scienziati del regime. Che portò alla persecuzione della minoranza italiana di religione ebraica. Rimossi da cattedre scolastiche e sospesi da incarichi pubblici, cacciati dalle scuole e dalle università nel nome della pura razza ariana. Agli ebrei fu vietato tra l'altro: di esercitare il commercio ambulante, essere titolari di agenzie d'affari, commerciare preziosi, esercitare l'arte fotografica, essere mediatori, piazzisti, commissionari, tipografi, vendere libri... un elenco senza fine. Così gli italiani ebrei finirono relegati ai margini della società.

Monarchia e fascismo erano stati criminalmente colpevoli. Tra coloro, i pochi "fortunati", che tornarono dai lager Liliana Segre, recentemente nominata senatrice a vita: “Siamo partiti dal ventre nero della stazione di Milano, come gli animali al macello e noi eravamo destinati al macello”. Liliana Segre “educa” con la sua memoria gli studenti ai valori della libertà, della democrazia e della vita. Quei valori che il fascismo voleva spazzare via: “Allora mi colpì l'indifferenza generale, la gente voltò faccia e cervello da un'altra parte. Pochi si ribellarono”.

In quel periodo buio tuttavia, sappiamo dell’impegno di persone non ebree che con sprezzo del pericolo combatterono nell’ombra, forti proprio del loro status di non perseguitati, rischiarono la propria vita per salvare quella degli ebrei in pericolo. Persone che hanno agito in modo eroico e senza interesse personale per salvare anche un solo ebreo dalla Shoah, sono definiti Giusti tra le Nazioni. Un onore che lo Yad Vashem, l'Ente nazionale di Israele per la Memoria della Shoah, dopo attenta e scrupolosa valutazione riconosce ai non ebrei. Le storie di chi si è prodigato per salvare quante più vite possibili dal genocidio nazista sono, nella loro epica drammaticità, affascinanti e ricche di pathos. Come quella di Gino Bartali, indimenticabile campione del ciclismo. Il Ginettaccio che sotto l'occupazione nazifascista segretamente trasportava documenti d'identità e lasciapassare falsi, nascondendoli nel tubo della sua bicicletta. Entrò in questo “gioco” tanto nobile quanto pericoloso su richiesta dell’amico cardinale di Firenze, Elia Dalla Costa. L'alto prelato era impegnato nell’aiutare clandestinamente gli ebrei, e chiese al campione di diventare una staffetta. Chi meglio di lui? Conosceva quelle strade come le sue tasche. Salite e discese erano il terreno dei suoi allenamenti, la gente era in visibilio al suo sfrecciare, chi avrebbe fermato quelle pedalate verso la prossima vittoria? Chi avrebbe impedito al campione di continuare a correre? Nessuno. E così lui pedalava, contribuendo a salvare vite in silenzio.

Un esempio morale di esistenza e azione dedicata alla causa giusta, come ce ne furono altri in Italia. In Sardegna, da Vittorio Tredici, che trasferitosi a Roma dalla nativa Iglesias contribuì a salvare molte famiglie ebree. A Salvatore Corrias, il finanziere di San Nicolò Gerrei in servizio nel Comasco e lì fucilato nel 1945 perché grazie alla sua divisa riusciva indisturbato a far uscire dai confini italiani gli ebrei perseguitati. Oppure, Girolamo Sotgiu e la moglie Bianca Ripepi, i sassaresi che a Rodi e nel Dodecaneso nascosero alcuni ebrei salvandoli da morte certa mentre lavoravano come insegnanti. (@degirolamoa)

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